Commodores – Nightshift
4 Agosto 2023Sui flussi e sui luoghi
4 Agosto 2023Franco Camarlinghi
La politica italiana ci ha abituato negli ultimi decenni a frequenti passaggi da uno schieramento all’altro, sia in Parlamento che altrove. Sarà che l’Italia è il Paese di Agostino Depretis e del discorso di Stradella sul trasformismo, ma a occhio e croce è più probabile che tanti dei movimenti di esponenti di maggiore o minore rango politico, derivino da semplici ragionamenti di convenienza, più che da tormentate letture di storia o di dottrina politica. È così anche per il caso che si è aperto in Toscana con la trasmigrazione di Maurizio Sguanci dal partito di Matteo Renzi a quello che fu inventato da Silvio Berlusconi. Per dare a Cesare quel che è di Cesare, bisogna riconoscere che a Sguanci i vari Renzo De Felice o Emilio Gentile gli hanno sempre fatto un baffo: anni e anni di ricerca per definire il fenomeno del fascismo, risolto dall’eroe dei nostri giorni in una battuta: «Nessuno ha mai fatto bene in Italia come Benito Mussolini». All’epoca era post comunista, ora è post renziano: si spera, comunque, che si ricordi che il tempo assegnato a celebrità tipo quella che lo incorona in queste ore è come sempre quello fissato da Andy Warhol. Il trasferimento armi e bagagli di Sguanci da Italia Viva a Forza Italia, in realtà non desterebbe né stupore, né tantomeno emozione, se non fosse perché può essere uno dei tanti casi in grado di farci capire le prospettive del voto europeo e amministrativo dell’anno prossimo.
Quello di cui si parla oggi in Toscana e a Firenze coincide con la crisi definitiva del Terzo Polo (con le iniziali maiuscole, per il rispetto dovuto ai defunti). Addio ambizioni di influenza sul polo di destra, ma soprattutto su quello di sinistra e addio anche a prospettive personali di diversi comprimari. Tutto quanto sopra complica non poco l’iniziativa di Renzi sul piano nazionale, ma anche su quello fiorentino e sulla sfida prossima per Palazzo Vecchio. Le considerazioni che sto facendo sono nient’altro che titoli di quello che potrebbe essere utile approfondire nel prossimo futuro. Nella situazione toscana e fiorentina non vi è dubbio che aumentino le difficoltà per Renzi di fronte a movimenti che lui stesso dimostra di non controllare e che possono indebolire la sua residua influenza locale e non solo. Per capirsi: la fuga di Sguanci non gli serve a niente, anche ammesso che intenda prepararsi il terreno per una fusione con Forza Italia a cui potrebbe ambire solo se fosse in grado di ottenerne la leadership. C’è però un altro titolo da aggiungere, anzi due: il gioco per Renzi potrebbe riaprirsi se succedesse quello che è abbastanza facile possa succedere. In Toscana e a Firenze chi domina nel Pd è ovviamente la corrente che fa capo a Elly Schlein: per ora la nuova leadership non ha conosciuto che sconfitte sul piano amministrativo, in particolare rispetto all’irrefrenabile desiderio della segretaria di convolare a nozze pur che siano con l’ineffabile Giuseppe Conte. A Firenze potrebbe essere la volta buona per ottenere un risultato: sull’Arno d’argento è ancora assai probabile che, malgrado tutto, la sinistra difenda la rendita che ha sempre avuto. Sarebbe tutto patrimonio del Pd, ma i grillini potrebbero imporre una loro soluzione di vertice e una segreteria come quella attuale della Schlein potrebbe starci. Tomaso Montanari? Improbabile, ma radicali per radicali non ci sarebbe da stare tanto a rigirarsela… Si scoprirebbe allora una parte minoritaria quanto si vuole ma sicuramente esistente di voti moderati, ai quali Renzi potrebbe rivolgersi, inventandone una delle sue. L’ultimo titolo è giustificativo di quanto detto sopra. È il centrodestra a Firenze che, se perde, lo fa non per colpa dei suoi elettori, ma di una classe politica che esprime ancora poco di rilevante.
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