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Il «contrordine compagni» ancora non è ufficialmente partito dal Nazareno, ma sul contestato ddl «Salva Milano», che inizierà il suo iter al Senato nei prossimi giorni, i dem stanno cambiando idea. Era fine novembre quando il Pd ha votato la norma alla Camera insieme al centrodestra e ai centristi, con alcune defezioni, ma con una sostanziale tenuta del gruppo, mentre M5S e Avs si sono espressi contro, con strascichi di accuse di Giuseppe Conte contro i dem.
La norma, fortemente voluta dal sindaco di Milano Beppe Sala, sta per approdare in commissione Ambiente al Senato, che dovrà fissare una serie di audizioni. Tra gli auditi ci saranno certamente anche alcuni degli urbanisti e intellettuali (circa 140) che a metà dicembre hanno scritto un appello per chiedere ai senatori di non approvare la legge. Tra questi anche Salvatore Settis e Angela Barbanente, presidente della Società italiana degli urbanisti (Siu), che al nostro giornale ha definito il ddl «un forte strumento di pressione in mano ai privati», affermando che «per risolvere i problemi di Milano si mettono a rischio tutte le altre città».
I senatori dem appaiono molto scettici sull’approvazione del testo così com’è uscito da Montecitorio. La formula più usata in queste ore è «ci vorrà un supplemento d’indagine», per capire come «circoscrivere la norma» al capoluogo lombardo, dove sono in corso inchieste per alcuni interventi edilizi che il Comune ha autorizzato ritenendoli in regola. Il capogruppo in commissione Ambiente in Senato, Nicola Irto, è architetto e urbanista, e nei conversari privati non ha nascosto le sue perplessità.
Il responsabile Casa del Pd Pierfrancesco Majorino, che è stato assessore a Milano, apre a modifiche per «limitare l’impatto» del ddl, spiegando che «se si approva a gennaio o a marzo non è una grande differenza». Schlein non si espone, per ora, ma la sua cultura green è assai sensibile all’appello degli urbanisti. Il rischio è che, se sarà modificato, il ddl dovrà tornare alla Camera, con un allungamento dei tempi ben oltre marzo. Sala avrebbe minacciato le dimissioni nel caso in cui l’appoggio del Pd venisse meno. Ma il suo mandato scade nel 2026 e la mossa è ritenuta «improbabile». Di certo, l’intesa con la destra sembra sfumata.
Il presidente del Senato La Russa ha definito il ddl «Salva Sala», spiegando che «è sgradevole da parte di Sala sperare che sia il centrodestra a togliere le sue castagne bruciate dal fuoco». Parole che lasciano immaginare uno smarcamento di Fdi. Se così fosse, la legge finirebbe su un binario morto.