Annelies Štrba – Bernhard Schobinger
19 Marzo 2024«Essere artefici di pace» Zuppi: sia giusta e sicura
19 Marzo 2024
di Cesare Zapperi
L’alt di Tajani. E Meloni: linea chiara, governo coeso. La nota del Carroccio: nessun giudizio
MILANO C’è un prima («Han votato e ne prendiamo atto. Quando un popolo vota ha sempre ragione, ovunque voti»). E c’è un dopo: «In Russia hanno votato, non diamo un giudizio positivo o negativo del risultato, ne prendiamo atto e lavoriamo (spero tutti insieme) per la fine della guerra ed il ritorno alla pace. Con una guerra in corso non c’è niente da festeggiare».
Il prima è un commento a caldo del vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini sulla rielezione plebiscitaria di Vladimir Putin. Il dopo è una nota del Carroccio, non attribuita specificamente al leader. Parole e toni sono molti diversi. Da quella che, al di là di quali fossero le reali intenzioni di Salvini, è parsa una benedizione del voto, ritenuto espressione di un normale esercizio democratico, ad una presa d’atto notarile più che politica, con l’evocazione della necessità di ricercare la pace.
Le proteste
Boccia (Pd): votare controllati dai militari? Magi (+Europa): tema di sicurezza nazionale
In mezzo, ci sono due ore di polemiche e prese di distanza, anche dentro la maggioranza, a partire da quella dell’altro vicepremier, il forzista Antonio Tajani che, per replicare indirettamente a Salvini, ricorda che la politica estera «la fa il ministro degli Esteri». Per poi specificare: «Le elezioni sono state caratterizzate da pressioni forti e violente. Navalny è stato escluso dalle elezioni di fatto con un omicidio e non c’erano candidati e avversari di Putin. Abbiamo visto le immagini dei soldati russi entrare dentro i seggi per vedere come votava la gente. Non mi sembra che siano elezioni che rispettano i criteri che rispettiamo noi».
Matteo Salvini
Le elezioni fanno sempre bene, sia quando uno le vince sia quando le perde. In Russia ci sono state delle elezioni, prendiamo atto
Sottolineatura che trova sponda negli interventi di altri esponenti della maggioranza. Il leader di Noi moderati Maurizio Lupi spiega: «Noi affermiamo che una democrazia senza un’opposizione reale non esiste, che il plebiscito a favore di Putin è stato espresso sotto la minaccia delle armi, in un clima di repressione e arresti». Ma il giudizio del vicecapogruppo al Senato di FdI Raffaele Speranzon è più tranchant: «Senza un’alternativa, è una farsa non una democrazia». In serata la premier Giorgia Meloni diffonde una nota rassicurante: «La posizione del governo è molto chiara e il centrodestra è una maggioranza molto coesa».
Antonio Tajani
La politica estera la fa il ministro degli Esteri, quindi le posizioni di politica estera sono quelle del ministro degli Esteri
Le opposizioni sparano ad alzo zero. Carlo Calenda (Azione): «Salvini, ti suggerisco di ripassare le basi. Quando un popolo vota nel contesto di una democrazia liberale — libertà di espressione, associazione, stampa e magistratura indipendente — il risultato va riconosciuto. La democrazia senza Stato di diritto non esiste. La Russia è una dittatura e le elezioni sono una farsa. Punto». Francesco Boccia, capogruppo pd al Senato, pone una domanda retorica: «Chiedo a Salvini: va bene quindi votare con le urne trasparenti e i militari che controllano il voto nei seggi? Sono curioso di conoscere la sua risposta e di sapere se i suoi alleati di governo la pensano alla stessa maniera». E un quesito lo pone anche Riccardo Magi, segretario di +Europa: «Ma Meloni è davvero ancora convinta che avere un vicepremier filorusso, che siede in consiglio dei ministri e determina la politica anche estera del governo non rappresenti un problema di sicurezza nazionale?».
Altri scelgono l’arma dell’ironia: «Sì il popolo ha sempre ragione, soprattutto quando vota coi soldati che entrano col fucile dentro la cabina elettorale» scrive il capogruppo alla Camera di Iv Davide Faraone. «Visto che c’è così tanta democrazia, perché la prossima volta Salvini non si candida in Russia?» si domanda sarcastica la presidente del gruppo per le Autonomie, Julia Unterberger.