Il sindaco era pronto a stare in platea accanto alla senatrice a vita: poi il chiarimento e la scelta del palco reale. Assenti Mattarella e Meloni
FRANCESCO MOSCATELLI
Non c’è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma quest’anno a salvare la prima della Scala, quantomeno dalle polemiche politiche della vigilia, ci sarà «la presidentessa» Liliana Segre. La senatrice a vita, infatti, per la prima volta, siederà nel palco reale, mettendo d’accordo destra e sinistra, il sindaco di Milano Beppe Sala e il presidente del Senato Ignazio La Russa. Sarà lei l’ospite d’onore del Don Carlo di questa sera, così come lo scorso anno lo furono il capo dello Stato Sergio Mattarella, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen.
Liliana Segre prenderà posto nel palco centrale riservato alle autorità (l’unico con posti non vendibili, utilizzabile soltanto per attività di rappresentanza), accanto alla seconda carica della Repubblica e al primo cittadino, e poco lontano dal governatore lombardo Attilio Fontana, dal prefetto e dai ministri Gennaro Sangiuliano, Matteo Salvini ed Elisabetta Casellati. Grande appassionata d’opera, ospite del sovrintendente Dominique Meyer, Segre si sarebbe dovuta accomodare in platea insieme alla figlia. Evidentemente, però, il suo peso politico e istituzionale, ormai, va anche al di là del titolo di senatrice a vita. Senza contare il fatto che una presenza come la sua, così come quella del capo dello Stato, svolge in qualche modo anche la funzione di ombrello nei confronti degli esponenti della politique-politicienne. Ne sapeva qualcosa il presidente partigiano Sandro Pertini che infatti, pur apprezzando le recite, lasciava vuoto il palco che fu di Vittorio Emanuele III, entrando alla Scala da privato cittadino e accomodandosi in fila G. Posizione ottima per godere di musica e scenografie, ma in qualche modo anche molto popolare. Altri tempi.
Ieri sera, dopo una giornata di ipotesi, polemiche e smentite sul fatto che il sindaco Sala (risalito nei bollettini come possibile nuovo federatore del centrosinistra) si sarebbe seduto in platea insieme a Segre, lasciando soli gli esponenti di centrodestra sulle sedie del potere – giornata che ha dato parecchio filo da torcere ai cerimoniali del teatro, di palazzo Marino e del Senato, e a cascata ad agenzie di stampa e giornali -, pare sia stata la stessa Segre a tirare fuori tutti da una situazione che stava diventando imbarazzante. Come? Chiedendo di trovare la soluzione «meno divisiva» e più diplomatica possibile. E così è stato. «Non è mio interesse fare polemica nel giorno di Sant’Ambrogio, ci mancherebbe altro» ha chiarito Sala nel tardo pomeriggio, subito dopo aver acceso come da tradizione l’albero di Natale di piazza Duomo. «Però volevo e voglio avere Segre di fianco a me perché credo che in questo momento più che mai sia importante – ha aggiunto -. Con La Russa ci siamo sentiti due o tre volte. Lui lo sa che non voglio fare polemica. Per me, in questo momento, il messaggio politico è la vicinanza con la senatrice Segre, che vuol dire tante cose. Vuol dire quello che lei ha dato a Milano, vuol dire riflettere sulla tragedia che sta succedendo in Medio Oriente». Il presidente del Senato, dopo aver ripetuto di voler stare anche lui accanto a Segre per manifestare la sua vicinanza a Israele, a un certo punto ieri era così seccato da aver annunciato di essere pronto a scendere a sua volta in platea. In serata, invece, con chi l’ha interpellato, ha gettato acqua sul fuoco. «Si trattava di un problema logistico, non politico. Non c’è stato un vincitore e nemmeno un perdente. Il resto sono solo le solite manfrine dei giornalisti».
Sarà. Di certo La Russa non può dire lo stesso del comunicato molto duro con cui il sindacato Slc-Cgil e la sezione Anpi del teatro hanno annunciato che non parteciperanno al saluto fra alte cariche istituzionali e lavoratori della Scala che da tradizione si svolge durante l’intervallo. «Suoneremo l’inno nazionale, anche se normalmente andrebbe suonato solo se in sala c’è il capo dello Stato, ma ci rifiutiamo di salutare chi fa fatica a condannare il fascismo nella sua interezza – spiega Francesco Lattuada, violista, presidente Anpi del teatro e delegato Cgil degli orchestrali -. Piuttosto, se il cerimoniale lo consentirà, stringeremo volentieri la mano alla senatrice Segre».