Rispetto agli altri voti segreti sugli emendamenti vengono a mancare almeno una ventina dei voti favorevoli che invece ci sono nelle altre votazioni. Perché l’emendamento Scarpinato viene respinto con 30 voti favorevoli, 132 contrari e 2 astenuti. I Cinque Stelle sono 28, anche se non sono tutti in aula. Dunque, il gruppo del Pd vota in maniera abbastanza compatta, pure se non manca qualche sì al testo di Scarpinato. Ma è la leghista, Erika Stefani a sollevare il caso: “La sinistra getta la maschera sull’abuso d’ufficio. Venti voti arrivati dall’opposizione bocciano l’emendamento a prima firma Scarpinato, contro l’abrogazione del reato. Non a caso, il Pd aveva chiesto il voto segreto”. Stefani ne fa una questione di consigli politici: “Ciò rende ormai evidenti le spaccature interne ai partiti di sinistra, su cui soprattutto al Nazareno dovrebbero interrogarsi, e dimostra che stiamo andando nella direzione giusta: occorre dare un taglio a indagini pretestuose e strumentali che hanno messo in croce inutilmente sindaci e amministratori”. Stefani insinua il dubbio che in realtà si tratti di franchi tiratori, che approfittano dello scrutinio segreto per sconfessare la linea tenuta dal Pd. Alfredo Bazoli, il vicecapogruppo dem che ci ha messo la faccia dal primo giorno per cercare di motivare e mantenere la posizione del partito, chiarisce al Fatto: “Noi eravamo contrari a quell’emendamento. Perché allargava le fattispecie del reato, riportandolo a una posizione pre-2020”. Ma un corto circuito c’è stato: il Pd non ha fatto una dichiarazione di voto su quell’emendamento, ha dato solo parere contrario. Intanto, sulla maggioranza delle modifiche proposte da Scarpinato vota a favore. Anzi in Aula lo stesso Bazoli e Scarpinato in più occasioni si spalleggiano. Mentre il gruppo dem va in confusione è Francesco Boccia a replicare alla Stefani “Non abbiamo mai chiesto la votazione segreta, la senatrice Stefani o è disinformata o dice il falso. Spero per lei che sia disinformata”. La differenza dei venti voti favorevoli sull’emendamento Scarpinato? “Il Pd aveva dato parere contrario. I senatori dem non hanno votato perché c’era il parere contrario”.
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Lei, intercettata dal Fatto, la mette così: “Ho visto che mancava un numero eclatante di voti dell’opposizione e l’ho segnalato”. Le scintille, però, vanno avanti per tutto il giorno. Matteo Renzi si mette a capo degli scontenti dem: “Il senatore Bazoli io me lo ricordo che aveva posizioni politiche ben diverse da Scarpinato nella segreteria che io guidavo. È legittimo che abbiate scelto di stare dalla parte di Scarpinato ma non che ci veniate a dire qui che le posizioni dei sindaci del Pd qui non contano”. Di più: “Io mi assumo la responsabilità politica di portare in questa Aula la voce dei sindaci del Pd che chiedono l’abolizione dell’abuso di ufficio e del traffico di influenze”.
È lo stesso Bazoli a replicare in Aula, cogliendo l’occasione di un ordine del giorno “che riassume le ragioni per le quali noi siamo contrari all’abolizione del reato dell’abuso d’ufficio”: “Non intendo replicare alle cose che ha detto su di me il senatore Renzi, che è molto bravo a semplificare, a tal punto da inventarsi anche alcune circostanze, perché io non ho mai fatto parte della sua segreteria. Il punto è che continuare a tirar fuori questa vicenda dei sindaci può aiutarvi a fare polemica politica ma il reato di abuso d’ufficio non riguarda solo i sindaci”.
Ma la giornata va avanti così, tra i sospetti incrociati dei dem che accusano Scarpinato di aver fatto un “trappolone” per metterli in difficoltà, chiedendo il voto segreto. E i renziani che – viceversa – con Raffaella Paita in testa, accusano i dem di aver tradito i sindaci e di “andare a rimorchio di M5S”.
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