Esplode la crisi diplomatica legata al fallimento del Memorandum
MARCO BRESOLIN
Il Memorandum d’intesa con la Tunisia, firmato dalla Commissione europea su spinta del governo italiano, non si sta rivelando soltanto un fallimento su tutti i fronti, ma rischia addirittura di trasformarsi in un boomerang. Come confermato da un portavoce dell’esecutivo Ue a la Stampa, Tunisi materialmente restituito i 60 milioni di fondi che Bruxelles aveva versato nelle scorse settimane. Ma non è finita: parlando con i media locali, il ministro degli Esteri Nabil Ammar ha minacciato di rivelare pubblicamente «informazioni che non sono nel loro interesse». Un gesto in risposta alla mossa del commissario europeo Oliver Varhelyi, che una settimana fa aveva pubblicato sul social network «X» la lettera ufficiale con la quale il governo tunisino aveva comunicato il numero di conto sul quale versare la somma, sfidandolo: «Se non volete i soldi, restituiteceli». Detto, fatto.
Un vero e proprio schiaffo che segna un nuovo picco nella crisi diplomatica esplosa nelle ultime settimane, durante la quale il presidente Kais Saied prima ha respinto una delegazione della commissione Affari Esteri del Parlamento europeo e poi ha cancellato l’incontro con i funzionari Ue che avevano organizzato una missione a Tunisi per discutere dell’applicazione del Memorandum, l’accordo firmato nel luglio scorso alla presenza di Ursula von der Leyen, della premier Giorgia Meloni e del suo collega olandese Mark Rutte.
La Tunisia ha espresso in più occasioni il suo malumore per i ritardi nel versamento dei fondi previsti dall’accordo (105 milioni per la gestione dei flussi migratori e 150 milioni di sostegno economico al bilancio) e durante l’estate c’è stato un aumento degli sbarchi. Il 22 settembre scorso, la Commissione ha annunciato in pompa magna lo stanziamento di 127 milioni di euro «a sostegno dell’attuazione del Memorandum d’intesa», anche se in realtà l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen ha fatto una sorta di gioco delle tre carte.
Dei 127 milioni annunciati, 60 milioni fanno parte di un precedente pacchetto di aiuti per la ripresa economica post-Covid, mentre solo 67 milioni sono legati alla gestione dei flussi migratori. Non solo: di questi, soltanto 42 milioni fanno parte del capitolo immigrazione del Memorandum firmato a luglio, mentre i restanti 25 milioni erano già stati stanziati nel 2022. Un gioco di prestigio che ha subito scatenato l’ira di Saied: «Non accettiamo l’elemosina».
Il bonifico di Bruxelles è comunque partito il 3 ottobre, ma il giorno successivo il ministro degli Esteri di Tunisi, Nabil Ammar, ha rivelato di non aver accettato la somma. A quel punto il commissario Varhelyi – lo stesso che nei giorni scorsi ha scatenato il caos annunciando sempre su «X» lo stop dei fondi ai palestinesi, poi smentito dalla stessa Commissione – ha replicato al tunisino sui social network, chiedendogli di restituire i soldi e pubblicando la lettera con la quale il ministro dell’Economia aveva fornito le coordinate bancarie per il pagamento. Un atto definito grave da Tunisi. «Se questo dovesse ripetersi, riveleremo altre realtà che non sono nel loro interesse – ha detto Ammar alla stampa locale –. La Tunisia non supplica nessuno e il mondo non si limita a questo o quel partner». Il 25 settembre scorso lo stesso Ammar è volato a Mosca per incontrare il suo omologo Sergey Lavrov, con il quale ha firmato un accordo commerciale: la Russia invierà i suoi turisti in Tunisia, che in cambio importerà il grano russo.