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7 Marzo 2025Intervista La segretaria Pd: «Con il Pse ci sono punti di accordo. Gentiloni? In direzione la mia linea approvata da tutti». «Il 15 marzo saremo in piazza per difendere i valori Ue, non gli errori questa commissione. I 5S? Avevo proposto una piattaforma comune, ora valuteremo un saluto al loro corteo». «Io tra i leader dem più longevi? Ho intenzione di restare. In due anni ricostruita un’identità chiara»
Elly Schlein, all’incontro coi socialisti europei a Bruxelles lei ha ribadito il suo no al piano di riarmo. Ma il gruppo appare assai più favorevole di voi.
Sicuramente noi italiani siamo i più critici e riteniamo che la strada proposta da von der Leyen non sia quella che serve all’Ue: noi vogliamo una difesa comune, non il riarmo dei 27 paesi. Quel piano non prevede investimenti comuni e propone flessibilità per incentivare la spesa nazionale. Ma se non condizioni gli investimenti a progetti comuni non c’è nessun passo avanti. Con i socialisti abbiamo avuto riscontri positivi sul no al dirottamento dei fondi di coesione, che servono a ridurre le diseguaglianze sociali e territoriali, sulla spesa militare. Ho usato l’argomento che non ridurre la spesa sociale è sempre stata la posizione del Pse.
E adesso che succede?
Continueremo a insistere, sperando di trovare altre convergenze con i socialisti: la nostra proposta è quella di un Next Generation da 800 miliardi l’anno sui capitoli sociali, industriali, ambientali e digitali e anche sulla difesa comune. Le priorità devono essere quelle sociali indicate ai tempi del Covid, serve un piano europeo che anticipi l’impatto dei dazi di Trump. E lo stesso coraggio di allora.
Il piano di riarmo potrebbe non passare neppure dall’europarlamento.
C’è questo rischio perché le basi legali non lo prevedono, come avvenne con Sure, il piano per gli ammortizzatori sociali varato durante la pandemia. Ma se si toccano i fondi di coesione bisogna passare dal Parlamento, con una riforma del regolamento, e in quel caso la posizione dei socialisti deve essere contraria. Lavoriamo per poter cambiare quel piano, ne ho parlato anche ai capi di governo socialisti.
Perché la commissione lancia ora questo piano? Per continuare la guerra in Ucraina senza gli Usa?
Sicuramente uno dei motivi è la preoccupazione per l’asse tra Trump e Putin, che vogliono riscrivere l’ordine mondiale a colpi di motosega per mettere la legge del più forte al posto del diritto internazionale. E c’è anche l’idea che l’Ue non potrà più contare sugli Usa per la propria sicurezza. L’interesse comune di Trump e Putin è dividere e indebolire l’Europa. Ma ora l’Ue deve, accanto al supporto all’Ucraina, portare al tavolo una propria proposta per una pace giusta, che non può essere solo di Francia e Regno Unito: i 27 devono dare mandato a una istituzione europea di parlare con una voce sola e di sedere a quel tavolo per tutelare gli interessi di sicurezza dell’Ucraina e dell’Europa.
Insisto, c’è una Ue che vuole continuare la guerra?
La guerra l’ha avviata la Russia, l’Ue ha sostenuto un popolo aggredito. Avrebbe dovuto avviare un’iniziativa diplomatica e politica già prima, ma ora è chiaro che Usa e Russia stanno mettendo in piedi una trattativa. Ed è fondamentale che l’Ue e l’Ucraina ci siano: a Trump non interessa la pace, ma i suoi interessi economici e i suoi ricatti sulle terre rare ucraine.
Il governo italiano cosa sta facendo?
Non è normale non sapere che posizione Meloni ha portato ai tavoli di Parigi, Londra e Bruxelles. Le abbiamo chiesto di venire in Parlamento a spiegarcela, non è venuta. Il problema è che il governo ha tre posizioni diverse: Tajani dice sì alle proposte di von der Leyen sul riarmo, Salvini è contrario e Meloni, nel dubbio, tace. Inoltre non vuole contraddire Trump per ragioni ideologiche, e così relega l’Italia ai margini di una discussione in cui potrebbe essere protagonista. Siamo già passati dalla relazione privilegiata con Washington al ruolo di vassalla di un piano per disgregare l’Ue.
Il Pd sulle armi non è unito. Gentiloni ha detto sì al piano di Bruxelles.
In un partito democratico è normale che si discuta, poi si decide. Nell’ultima direzione, la relazione approvata senza voti contrari o astensioni già anticipava la posizione sul piano von der Leyen: sì alla difesa comune ma no al riarmo dei singoli stati e no a regole di bilancio che incentivano il debito nazionale al posto degli investimenti comuni. Non è accettabile che l’allentamento dei vincoli del Patto di stabilità riguardi solo la difesa.
Questa volta lei è in linea con M5S e Avs sulla politica estera.
Mentre il governo ha tre posizioni diverse… Carlo Cottarelli ha evidenziato con i numeri che la spesa europea è la terza la mondo, ma non è efficiente. Spendere meglio insieme: su questo si deve lavorare.
I suoi critici, anche interni, dicono che lei si è allineata a Conte.
Sono una federalista europea da oltre 15 anni, la mia posizione sulla difesa comune è sempre stata questa.
Il Pd parteciperà alla piazza pro-Europa del 15 marzo lanciata da Michele Serra. Con che spirito?
Non per difendere l’esistente, ma l’esigenza di maggiore unità in linea con il manifesto di Ventotene: un’Europa federale. Andiamo in piazza per difendere i valori, non gli errori che pure l’Ue ha fatto e oggi la commissione propone sul riarmo nazionale. Del resto, quando la squadra del cuore sbaglia una partita, non si cambia squadra, ce la si prende con l’allenatore finché non cambia schema di gioco.
Pentita del voto del Pd a favore dell’Ursula bis?
Abbiamo detto fin dall’inizio che non sentiamo questa commissione come nostra e avremmo valutato ogni singolo dossier: è esattamente quello che stiamo facendo.
Lei è segretaria da due anni, è già la terza leader più longeva dopo Renzi e Bersani..
Ho intenzione di andare avanti ancora a lungo.
Ritiene di avere realizzato gli obiettivi che si era data la sera della vittoria?
Il giudizio lo lascio alle elettrici e agli elettori, che hanno risposto positivamente. Tanti davano il Pd per morto, e invece abbiamo rialzato la testa e abbiamo ricostruito un’identità chiara sui fondamentali di una forza di sinistra: lavoro, salari, precarietà, sanità. Siamo tornati nelle piazze e nelle fabbriche, c’è stato un importante lavoro di ricucitura che non è finito. C’è ancora tanta strada da fare, tanti cambiamenti, per questo servono energie nuove, il partito deve essere sempre più aperto e accogliente, a partire dai territori. Se guardo a questa settimana, segnalo che abbiamo dato dei segnali di cambiamento molti chiari sulla politica estera e sul lavoro, con il sostegno ai referendum sul lavoro e la cittadinanza.
Il Pd può essere decisivo per il raggiungimento del quorum?
Noi li sosteniamo e faremo la nostra parte per portare al voto più gente possibile. Inviteremo tutti ad andare a votare.
Il 5 aprile sarete in piazza col M5S?
Avevo proposto a Conte di costruire una piattaforma comune sui temi sociali, mi pare che l’intenzione sia un’altra e quindi valuteremo in base alla piattaforma che adotteranno. In passato, quando manifestarono contro la precarietà, siamo passati per un saluto al corteo. Non è escluso che si possa ripetere, vedremo.