Braccio di ferro nel governo: Tajani per la ratifica, Fazzolari frena. La premier vuole prima il Patto Ue per motivare la sua retromarcia. La Lega la incalza, incognita voti
Non per scelta e neanche per una particolare strategia, ma quasi per inerzia, la ratifica del Mes è destinata a slittare fino a gennaio. È la certificazione di un’impotenza, l’effetto di uno scontro sotterraneo che divide l’esecutivo. Premono per sbloccare lo stallo, infatti, i ministri che parlano quotidianamente con Bruxelles: Giancarlo Giorgetti, Antonio Tajani e Raffaele Fitto. Temono reazioni sui mercati, pensano che più del trattato pesi il principio: la parola data va rispettata, l’Italia non può sottrarsi. Ma si sono scontrati anche nelle ultime ore con l’intransigenza di Matteo Salvini. Il leghista, però, non è il solo a opporsi. Conta soprattutto Giovanbattista Fazzolari, il sottosegretario alla Presidenza depositario dell’ortodossia meloniana. È stato lui a sentenziare in privato: il voto può slittare a inizio del 2024.
Bisogna entrare nel cuore di Palazzo Chigi per raccontare la paralisi politica che più imbarazza l’esecutivo. E che l’espone nei rapporti con l’Europa. «Questa pagliacciata – per dirla con il renziano Luigi Marattin – l’avete fatta durare fin troppo. Volete scappare ancora?».
Lo faranno, perché dall’ordine del giorno di questa settimana è stato sbianchettato il penultimo punto, “Ratifica del Mes”. E perché la prossima settimana tutti gli sguardi saranno concentrati sulla riunione straordinaria dell’Ecofin dedicata al Patto di stabilità, che si terrà tra il 18 e il 21 dicembre. Senza un accordo, Roma non garantirà la ratifica del Mes.
Ma torniamo a Fazzolari. E a come nasce la linea dell’intransigenza. Il regista del melonismo l’ha spiegato riservatamente a tutti i ministri: nulla può essere deciso prima di aver ottenuto modifiche soddisfacenti del nuovo Patto di stabilità. E se l’Europa si indispettisce, visto che l’obiettivo di Bruxelles era far partire il Salva Stati dal primo gennaio, per mettere al sicuro il sistema bancario? Pazienza, è la tesi, si può gestire un nuovo rinvio all’anno nuovo. Fazzolari interpreta il sentimento di Meloni, questa è la verità. Condensa le perplessità della presidente del Consiglio, causate dal confliggere di due obiettivi al momento divergenti. Il primo: ratificare un fondo (che probabilmente non sarà mai utilizzato) in modo da non rovinare il rapporto con Bruxelles. Il secondo: non ratificare senza contropartite per non perdere la faccia. «Non posso rinunciare a mostrarmi coerente», ha spiegato la leader a diversi interlocutori. Tradotto: Meloni ha bisogno di costruire una narrazione che riducal’impatto dei video del passato che circolano sui social – quelli pieni di slogan contro il Salva Stati – che le verrebbero subito rinfacciati. Il primo sarebbe Salvini.
Ecco perché, in fondo, è Meloni a frenare il Mes, prima ancora del segretario leghista. Il vicepremier, paradossalmente, vuole sfruttare il passaggio in Aula per dire all’alleata: sei tu ad aver cambiato idea, tu che scegli l’Europa dei banchieri tradendo te stessa. È la filosofia di Riccardo Molinari, che parla sempre a nome del capo: «Il 14 dicembre non discuteremo di Mes. Giorgetti ha fatto giu stamente presente che è in calendario, ma esistono provvedimenti che vengono prima. La Lega pensa che sia uno strumento superato, ma aspetteremo di capire le indicazioni di Meloni». Racchiude due messaggi, entrambi ostili. Ricorda innanzitutto che il più dialogante sul Mes – dunque poco in linea con la Lega – è stato il ministro dell’Economia (che in realtà, va detto, è concentrato sulla partita ben più seria del Patto di stabilità). Molinari dice però anche un’altra cosa: aspettiamo le indicazioni di Meloni. È lo scalpo politico a cui punta il Carroccio.
Ma non basta. Anche Fitto, che con l’Europa deve trattare ogni semestre qualche decina di miliardi per il Pnrr, cerca da mesi di spiegare l’ineluttabilità del via libera. «Abbiamo la trattativa sul Patto di Stabilità – si è limitato a dire ieri – le cose vanno raccordate». Più chiaro è stato Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia e uomo di fiducia di Antonio Tajani. Lui si è speso per un ok già il 14: «Può essere utile per rasserenare gli altri Paesi e ottenere una risposta positiva alle nostre richieste sul Patto».
Non è la strada che intende intraprendere Palazzo Chigi. Al massimo, Meloni potrebbe impegnarsi a ridosso di Natale ad approvare a gennaio il Salva Stati, ma soltanto nel caso di una intesa soddisfacente sul Patto di Stabilità. E comunque a promettere una risoluzione che imponga di passare in ogni caso dal Parlamento a chiunque voglia accedere in futuro al Mes.
Ammesso che per la ratifica ci siano i numeri in Parlamento, va detto. La Lega rischia di spaccarsi, «non voterò mai il Mes – diceva ieri Claudio Borghi – piuttosto mi taglio una mano ». Anche il Movimento è dubbioso. L’approvazione potrebbe arrivare grazie al sotegno decisivo del Pd. Certificherebbe l’assensa di una maggioranza su un dossier strategico. Una circostanza che Meloni preferirebbe evitare con tutto il cuore.