La ministra sceglierà di parlare in Senato o alla Camera probabilmente il 29. Le opposizioni annunciano battaglia
ROMA — Giovedì 29 giugno, festa di San Pietro e Paolo patroni di Roma. È il giorno in cui in cui dovrebbe andare in scena lo show down sulla ministra Daniela Santanchè, costretta dalle opposizioni a riferire in Parlamento sulla sua attività da imprenditrice quanto meno disinvolta, stando alle inchieste giornalistiche e giudiziarie su bilanci falsati, fornitori non pagati, dipendenti licenziati senza Tfr, aiuti di Stato incassati e mai restituiti. Mossa obbligata dopo l’uscita di Giorgia Meloni che, per sortire dall’angolo, l’altro ieri ha ufficializzato il suo via libera al passaggio in aula della titolare del Turismo.
Le capigruppo di Camera e Senato per decidere la data si riuniranno tra domani e dopodomani, salvo anticipo: il M5S ha infatti scritto ai presidenti Fontana e La Russa per chiederne la convocazione immediata, già oggi, al fine di calendarizzare l’informativa urgente di Santanché. Ma martedì Montecitorio sarà bloccato sulla questione di fiducia al Dl Lavoro. E mercoledì sono in programma le comunicazioni della premier in vista del Consiglio europeo che inizierà giovedì a Bruxelles: è dunque improbabile che Meloni voglia “sporcare” il suo discorso, durante il quale affronterà anche la crisi russa, con il casoche sta imbarazzando il governo, oltre a mettere in difficoltà Fratelli d’Italia. E si arriva così al 29.
A complicare il tutto, c’è pure l’incognita aula: la ministra dovrebbe parlare a Palazzo Madama, dove è stata eletta, ma poiché la scelta spetta a lei non è detto che alla fine non preferisca la Camera, dove inumeri della maggioranza sono più nutriti. Sebbene non sia contemplato un voto, trattandosi di informativa, ossia di una semplice esposizione dei fatti senza contraddittorio, la procedura prevede a seguire gli interventi dei gruppi politici. E lì la bagarre è assicurata, dal momento che le opposizioni hanno già annunciato battaglia, specie se le spiegazioni di Santanchè dovessero rivelarsi insufficienti o elusive, come i più immaginano.
È la ragione per la quale, dopo i distinguo dei giorni scorsi, Lega e Forza Italia si sono ricompattate intorno all’esponente di FdI. Frutto del richiamo all’ordine della stessa Meloni, che venerdì sera, in una ruvida telefonata con Antonio Tajani e Matteo Salvini, ha rimesso tutti in riga. E perciò «valuterà Santanchè se sia il caso di chiarire qualcosa. Ma di certo non è la Lega che le chiede di venire in aula a riferire sull’inchiesta giornalistica», ha fatto retromarcia ieri il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. «Se la ministra deve dimettersi? No. Sono un garantista, chiunque è innocente fino al terzo grado di giudizio », fa quadrato anche Tajani. Per lui «Santanchè ha già chiarito» e se vuole presentarsi in Parlamento «è una sua scelta. Forza Italia non ha chiesto altri chiarimenti». In perfetta sintonia con la linea di Fratelli d’Italia, tra le cui fila questo passaggio è considerato ad altissimo rischio. La ministra ha difatti giurato e spergiurato di non essere indagata, ma se dall’inchiesta milanese per bancarotta e falso in bilancio dovessero nel frattempo emergere sviluppi negativi, il quadro cambierebbe di colpo. E il destino di Santanchè sarebbe segnato.