Stefano Di Stasio Losco Sacro a cura di Vittoria Coen
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25 Maggio 2023
di Massimo Franco
Seppure con un linguaggio morbido, la Commissione europea sta mandando messaggi duri. Non solo all’Italia, perché i Paesi che debbono mettersi in regola sono diversi; sul solo debito, la questione riguarda anche Francia e Finlandia. Ma per il governo di Roma c’è il tema aggiuntivo dei fondi offerti generosamente col Piano per la ripresa, che rimane in sospeso. Da Bruxelles mostrano una disponibilità di principio alle modifiche annunciate da Palazzo Chigi. In parallelo, però, chiedono di farlo «quanto prima» e «di rispettare i tempi».
Il monito arriva nelle pieghe di un giudizio comunque positivo. Semmai, spunta la preoccupazione che quando i progetti rivisti dall’esecutivo di Giorgia Meloni saranno pronti, sarà comunque tardi rispetto alla tabella di marcia e alle procedure. Rimane sullo sfondo il timore che in Italia la spesa pubblica torni a lievitare, nonostante la linea responsabile seguita finora; e che questo produca effetti negativi oltre i nostri confini.
Quando il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, spiega che il Piano europeo rimane «lo strumento più solido per gli investimenti e le riforme», invita implicitamente l’esecutivo a non sprecare l’occasione. Per ora persiste la confusione. E non solo sul ponte siciliano. Basta registrare i contrasti tra FdI e Lega sul commissario chiamato a gestire i fondi per l’Emilia-Romagna devastata dalle inondazioni; o quelli sull’autonomia regionale. Oltre tutto, nella voglia di raccontare l’arrivo della destra come quella che «fa» dopo decenni definiti di «chiacchiere», si insinua la tentazione dell’azzardo.
L’esaltazione di una grande opera rimasta lettera morta per anni come il Ponte sullo Stretto di Messina crea reazioni contrastanti. Le perplessità sono soprattutto sulle coperture finanziarie. Dire, come ha fatto ieri in Parlamento il leader della Lega, Matteo Salvini, che se ci sono dubbi di costituzionalità bisogna «rivolgersi al Colle» in quanto ha emanato il decreto, è il tentativo discutibile di farsi scudo col Quirinale: un’operazione che presto potrebbe rivelarsi a doppio taglio. L’aspetto più sconcertante, però, è l’invito a «osare sul ponte».
Evocando Michelangelo, Raffaello e Leonardo da Vinci, il leader del Carroccio sostiene che se questi geni «fossero passati da una commissione costi-benefici, non avremmo quello che hanno fatto». Il paragone vuole essere un appoggio per il «governo dei sì». La domanda è se in una fase nella quale la coalizione di destra fatica perfino a usare i fondi a disposizione, l’Italia possa permettersi di «osare»; e di prescindere da un’attenta valutazione di costi e benefici. Anche perché, se non lo farà il governo, sarà l’Europa a presentarci il conto.