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3 Novembre 2024Cinema È uscito nelle sale americane – in Italia arriverà il 9 gennaio – «Here» il nuovo film di Robert Zemeckis
NEW YORK
Life is a box of chocolate, la vita è una scatola di cioccolatini, diceva Forrest Gump. Trent’anni esatti dopo l’uscita di uno dei maggiori successi della carriera di Robert Zemeckis, il regista di origine greca chiama nuovamente al suo fianco Eric Roth (alla sceneggiatura), Alan Silvestri (alle musiche) e gli attori Tom Hanks e Robin Wright, per un film che comprime la qualità espansa di Gump – e il concetto spaziotemporale dei Back to the Future- tutt’ in una stanza.
Here, arrivato nelle sale americane venerdì ( in Italia il 9 gennaio) è allo stesso tempo il capovolgimento di Forrest Gump e il suo logico punto d’arrivo – un film di intrepida, frizzante, originalità , dolcemente ironico e profondamente venato di malinconia. All’insegna dello sperimentalismo tecnologico e intellettuale, che ha caratterizzato i suoi lavori migliori, Zemeckis riduce la sua magica scatola di cioccolatini (simbolo delle rocambolesche avventure di Forrest e dell’America in cui è nato) ad uno spazio ristretto, e si/ci inchioda, insieme alla sua macchina da presa, in un’unica inquadratura fissa, che si affaccia su un salotto, dalla cui finestra si intravedono una strada e una grossa casa di mattoni in stile coloniale.
In un’unica inquadratura fissa scorre il tempo dei protagonisti, un film di intrepida e malinconica originalità
DAVANTI a quell’occhio spalancato e immobile – una visione che all’inizio può ricordare la scena di un teatro (non a caso, una delle recensioni del film ha evocato L’antologia di Spoon River) scorre..….la vita. Here, qui. Come Disney in Fantasia, Zemeckis comincia «dall’inizio», con una carica di dinosauri, tempeste di fuoco, meteoriti e poi distese di ghiaccio che si sciolgono lentamente nel verde. Da quel verde si intravedono animali e poi dei nativi d’America. Prima della casa in cui ci troviamo, prima della via e dell’importante dimora di mattoni di fronte (dove, scopriamo, ha vissuto uno dei figli di Ben Franklin), c’erano loro. Il prologo include anche squarci dell’era rivoluzionaria, ma l’excursus storico è un pretesto per arrivare a farci conoscere alcuni degli abitanti del salotto e poi i veri protagonisti della storia, Margaret (Wright) e Richard (Hanks), digitalmente ringiovaniti e invecchiati a seconda dell’epoca, e con la scioltezza con cui si applica un make-up.
Adattato dall’omonima graphic novel di Richard McGuire, Here ne adotta il dispositivo che mette in continua comunicazione presente, passato e futuro – non secondo la logica della cronologia – attraverso dei riquadri ritagliati nell’inquadratura portante.
Robin Wright e Tom Hanks vengono digitalmente ringiovaniti o invecchiati a seconda dell’epoca
LE IMMAGINI di alcuni dei primi residenti della casa -una coppia d’inizio secolo che vi si stabilisce, contro il desiderio della moglie, perché il marito ama gli aeroplani e lì c’è una pista di decollo- dialogano con quelle più «liberate» dei roaring Twenties – in cui l’uomo è il futuro inventore della sedia reclinabile originale, la lazy boy, e lei una soubrette. Negli squarci dedicati al nostro contemporaneo la stanza è invece abitata da una famiglia della borghesia afroamericana – e i mobili scuri del primo Novecento sono rimpiazzati da un moderno set da soggiorno in bianco e metallo.
Zemeckis punteggia le epoche attraverso gli oggetti, gli elettrodomestici, quello che succede fuori dalla finestra, le immagini che vengono dalla tv (una volta inventata, e in cui appaiono anche i Beatles all’Ed Sullivan show – una citazione diretta del suo 1964 Allarme a New York). Dirige il nostro occhio di dettaglio in dettaglio. Sulle cose che cambiano e quelle che non.
MA E’ ALLA SUA GENERAZIONE (la stessa di Roth e Hanks), i figli del dopoguerra, che dedica lo spazio più importante. Una coppia di sposi entra nel salotto vuoto insieme a un’agente immobiliare. Lui (Paul Bettany), ancora in divisa, è appena tornato dal fronte in Europa e ha perso un po’ l’udito. Lei (Kelly Reilly) gli bisbiglia che è incinta e che vuole la casa, anche se costa troppo. Sono giovani , pieni di speranza – lui vende polizze assicurative (oltre a Spoon River, ci sono echi di Morte di un commesso viaggiatore) sicuri che «ce la faranno». Richard sarà il loro primogenito, seguito da una sorella e un fratellino -con il salotto che si riempie di giocattoli, di cene rumorose, di piccoli drammi, battibecchi, buone e cattive notizie, gioia e frustrazioni. Sempre più simile a una benevola trappola.
UN GIORNO arriva Margaret, solare e piena di energia, conosciuta a scuola. Lei e Richard fanno l’amore sul divano, di nascosto, e quando Margaret rimane incinta, per lei non si parla più di college ma trasloca lì. Il sogno di andarsene dal salotto racchiuso nei disegni della casa dei sogni che Richard le regala per il suo compleanno. Rimarranno disegni perché, riposta la tavolozza nel cassetto, Richard troverà un impiego simile a quello di suo padre per mantenere la famiglia. C’era bisogno di una rivoluzione per finire così?
La promessa dell’American Dream dell’upward mobility si affievolisce davanti ai nostri occhi, con gli anni, nel calore degli affetti. Sullo sfondo, il Vietnam, l’aerobica il movimento per la liberazione della donna. Stroncato da gran parte della critica, e scaricato dal suo distributore che evidentemente non sapeva come «venderlo» , Here è stato accusato – tra le altre cose – di grossolano sentimentalismo, Quando, in realtà, è la sua agghiacciante lucidità che spezza il cuore -come quella del Capra cupo, di La vita è meravigliosa e di Leo McCarey.