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diGregorio MoppiFu due volte direttore artistico del Teatro Comunale. Partecipò alla sua rinascita a tempo di record dopo l’alluvione e lo guidò di nuovo tra fine anni ’70 e metà ’80, un periodo d’oro. Ieri se n’è andato Luciano Alberti, figura di riferimento nella cultura toscana del dopoguerra. Musicologo, critico, organizzatore, regista, docente universitario, Alberti aveva compiuto 93 anni a Natale. Nel 1956 si era laureato con Fausto Torrefranca con una tesi sulla scenografia del melodramma. Ma da studente recitava, anche: in quella Compagnia dell’Alberello dove si stavano facendo le ossa Paolo Poli, Franco Zeffirelli, Ferruccio Soleri, Beppe Menegatti, Ilaria Occhini. Dal 1963 si diede alla regia. La prima gliela commissionò l’Accademia Chigiana di Siena, che poi si trovò a guidare a più riprese. In totale 19 anni. Al Comunale arrivò nel gennaio 1966, dopo un decennio da critico musicale del “ Giornale del mattino”. Pochi mesi dopo, l’alluvione. Comunque il 29 novembre il teatro già riapriva. A causa dei dissidi con il sovrintendente Remigio Paone, Alberti si dimise nel 1968. Vi ritornò 10 anni dopo, nel Comunale in cui il giovane Riccardo Muti stava divenendo stella internazionale. In questo periodo Alberti programmò allestimenti memorabili, facendo debuttare nell’opera registi cinematografici di primo piano: Liliana Cavani per “ Wozzeck” ( 1979), Ken Russell per “La carriera di un libertino” (1982), il trio Olmi-Piavoli- Monicelli per il “Trittico” di Puccini (1983). Non riuscì a coinvolgere Fellini. L’ultimo spettacolo ideato per il Comunale fu la “ Traviata” con la regia di Zeffirelli, sul podio Carlos Kleiber (1984). Ha lasciato anche un saggio importante, “ La giovinezza sommersa di un compositore: Luigi Dallapiccola”, pubblicato da Olschki (2013).