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Giorgio Bernardini
«E adesso?». Nel Pd toscano la domanda ricorre con insistenza anche dopo la segreteria che si è tenuta ieri pomeriggio. Un incontro online per fare il punto sulla vittoria di Carrara e sulla sconfitta che pesa di più: Lucca, l’unico capoluogo di provincia italiano passato al ballottaggio dal centrosinistra al centrodestra. Un sorpasso che ha rovinato la festa nazionale dei dem, vicini al «cappotto» nel secondo turno.
Il dato «contro-tendenziale» è il refrain di queste ore, assieme alla preoccupazione diffusa sullo squilibrio nelle amministrazioni dei dieci capoluoghi, mai così consistente nella storia: ad oggi 7 governati dal centrodestra, 3 dal centrosinistra. In gioco c’è la discussione sempre meno sussurrata sulla nuova direzione che deve prendere il partito toscano. E dunque sulla sua classe dirigente. Il più diretto è ancora una volta l’ex presidente della Toscana Enrico Rossi: «Starei attento a dimenticarci che l’estrema destra di Giorgia Meloni è il partito che di fatto, con la sua crescita, vince le elezioni: siamo a rischio sorpasso. Il secondo elemento da considerare è che la destra sta esercitando la sua egemonia su ceti sociali più deboli. Un problema che si presenta ancor più in Toscana: i nostri cugini emiliani vincono 2-0 (Piacenza e Parma), noi perdiamo 2-0 (Lucca e Pistoia). In Toscana non riusciamo più a rappresentare il lavoro dipendente, le partite Iva, le persone in difficoltà, che sono più attratte dal neofascismo: cerchiamo di apparire come un’infrastruttura di governo più che come un partito…».
Parole che richiamano la querelle sulla data del congresso regionale, che al momento pare essere in programma per dopo le elezioni politiche 2023. Come emerge dal messaggio diffuso dalla segretaria Simona Bonafè, secondo cui per l’analisi del voto basta «la conferenza programmatica a settembre». Sul punto dolente della sconfitta lucchese Bonafè ritiene che Pardini abbia vinto «grazie al soccorso di quella che per i dem è una preoccupante presenza dell’estrema destra». La stampella delle forze radicali — «Una destra normale che al secondo turno ha ceduto il volante a una destra estrema e a un gruppo di no vax» — è l’analisi della sconfitta ricalcata dal senatore Pd Andrea Marcucci. Che su questa gara aveva messo la faccia. I ben informati nel partito dicono che quella di Raspini non era la «sua» candidatura, ma che «i giovani marcucciani» in città l’abbiano convinto ad appoggiarlo con forza. L’altro grande tema, poi, è quello dell’astensionismo: a Lucca domenica i votanti sono ancora calati, col 42% di affluenza, contro il 46 del primo turno.
La pancia del partito giudica «insufficiente» il bilancio elettorale e chiede chiarimenti. Mentre gli alleati a fasi alterne di Italia Viva pungono — «Nella nostra regione la forza del centrosinistra ormai è ai minimi storici e in futuro sarà ancora peggio se non correremo ai ripari da adesso», dice il coordinatore Nicola Danti —, il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo (Pd) pare spingere verso una candidatura civica del centrosinistra per la prossima sfida a Pisa: «Ci servono l’energia di tutte le forze progressiste, candidati che incarnino i nostri valori e che sappiano arrivare al cuore delle persone con un’idea di città aperta». Il governatore Eugenio Giani invece minimizza: Lucca, dice, è stato «un terno al lotto. Nei 28 Comuni in cui si è votato, i progressisti hanno vinto in 18».
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