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3 Dicembre 2025Siena non è in difficoltà: sta arretrando. E servono risposte, non fotografie del problema
Guasconi parla di un territorio che “fa fatica”, ma evita di affrontare ciò che i dati mostrano con chiarezza: Siena non è semplicemente in una fase complessa, Siena arretra. Le ultime rilevazioni la fanno scendere di sei posizioni e diversi indicatori economici mostrano segnali sfavorevoli. Non è un equilibrio fragile, è una tendenza strutturale al peggioramento che si trascina da anni senza una risposta adeguata da parte delle istituzioni.
La resilienza delle imprese, spesso citata come elemento di fiducia, non basta a compensare un contesto che decade progressivamente: cassa integrazione elevata, consumi stagnanti, occupazione debole, investimenti che non crescono. Sono dinamiche troppo convergenti per essere liquidate come fattori esterni o transitori. Sono il sintomo di un sistema che non si rigenera, che non innova, che non costruisce una direzione condivisa né politiche capaci di orientare sviluppo e trasformazione.
A questo si aggiunge la retorica della “qualità della vita”, usata come se potesse compensare tutto. Ha poco senso sventolare primati quando la provincia perde terreno, quando i salari restano bassi, quando i giovani continuano a partire perché non trovano opportunità adeguate. È un benessere più ereditato che prodotto, un capitale accumulato nel passato che non rispecchia lo stato dell’economia reale né la tenuta sociale del territorio. Se un’area non trattiene competenze, energie e attività qualificate, quella qualità della vita diventa un’immagine immobile, non un indicatore di vitalità.
Il nodo che Guasconi evita è proprio questo: cosa propone la Camera di Commercio per invertire una tendenza così evidente? Limitarsi a fotografare il problema non basta più. Servono politiche industriali territoriali, percorsi di formazione legati alle filiere strategiche, un ecosistema dell’innovazione concreto, strategie di attrazione per imprese e professionisti qualificati. Servono alleanze tra istituzioni, università, centri di ricerca e imprese, con obiettivi chiari e responsabilità condivise. E serve, prima di tutto, la consapevolezza che la crisi non è congiunturale ma un processo di lungo periodo che richiede una guida, non un semplice commento.
Per questo l’intervento di Guasconi risulta debole. Riconosce le difficoltà ma non indica un percorso. Di fronte a una traiettoria di declino non bastano constatazioni prudenti: serve una direzione, una visione capace di rimettere al centro lavoro, innovazione e attrattività. Oggi il territorio non ha bisogno di un’analisi che registra ciò che non funziona, ma di un progetto che indichi come invertire davvero la rotta.





