
Piancastagnaio accelera sulla geotermia: oltre 500 nuovi allacci e l’app eGeos rivoluziona la gestione del teleriscaldamento
12 Dicembre 2025
Tra ex democristiani, reti cattoliche e una città che chiede altro
La probabile candidatura di Silvio Franceschelli a sindaco di Siena non arriva per caso. È l’esito di un percorso che negli ultimi anni ha ricomposto, con metodo, tre assi di potere: il Partito Democratico locale, la tradizione cattolico-democratica oggi tornata centrale nelle scelte nazionali del PD, e il sistema istituzionale-culturale cittadino in cui l’OPA, guidata da Carlo Rossi, continua a rappresentare uno snodo strategico.
Franceschelli è un amministratore esperto, formato sul campo. È stato scelto da Enrico Letta come candidato al Senato nel 2022, riconoscendogli radicamento, affidabilità e capacità di parlare ai mondi rurali e cooperativi della Toscana meridionale. Da allora, pur mantenendo la guida di Montalcino, è diventato una figura di equilibrio fra Roma, Firenze e Siena. E in questo ruolo ha pesato nelle decisioni interne del PD più di molti dirigenti ufficiali, sottraendosi alla visibilità ma non all’influenza.
Nel frattempo Siena ha visto riaffiorare una trama politica antica: la presenza forte dell’area cattolica organizzata, ben rappresentata oggi da Rossi all’OPA, e la ripresa di un PD che guarda alla stabilità moderata più che alla discontinuità. Le ultime scelte del partito – dal percorso delle segreterie alla Festa dell’Unità dedicata all’agricoltura – tradiscono una strategia chiara: tornare ai mondi storici del consenso, evitando avventure e puntando su figure solide e prevedibili.
Dentro questo disegno, Franceschelli è il candidato naturale. Il suo profilo rassicura, il suo stile costruisce, la sua rete tiene insieme settori che altrimenti faticano a dialogare. È, in questo senso, il mediatore perfetto per il PD che vuole ricostruire un equilibrio interno dopo anni di incertezze.
Ma qui si apre il vero nodo politico della città.
Siena non è una città che oggi abbia bisogno di mediazione. È una città che ha bisogno di visione.
È una città che ha perso centralità economica, che fatica a trattenere giovani e competenze, che vive una crisi identitaria che non si risolve con la semplice gestione dell’esistente. È una città in cui i grandi temi – università, cultura, turismo, innovazione, mobilità, attrattività – chiedono risposte che non appartengono al repertorio della politica amministrativa degli anni Novanta e Duemila.
E proprio qui emerge il limite strutturale della candidatura Franceschelli.
Silvio Franceschelli appartiene a una generazione di politici utili per un’epoca che non c’è più.
Una generazione capace di tenere insieme territori, di rappresentare il mondo rurale, di presidiare l’equilibrio dei poteri locali. Ma oggi Siena non ha bisogno di un mediatore: ha bisogno di un interprete del futuro. Non ha bisogno di un amministratore esperto di passato, ma di un leader capace di rompere gli schemi che hanno accompagnato, e in parte frenato, la città negli ultimi vent’anni.
Il rischio è evidente: che la candidatura Franceschelli – per quanto solida, rassicurante, ben costruita – finisca per essere la risposta giusta alla domanda sbagliata.
La domanda del PD: come tenere insieme il partito.
Non quella della città: come cambiare direzione.
Il percorso interno sembra tracciato, il piatto politicamente apparecchiato.
Resta da vedere se Siena vorrà davvero sedersi a quella tavola,
o se preferirà finalmente chiedere una politica capace di guardare oltre la gestione dell’ordine esistente.





