di Francesca Schianchi
«Stracciando la nostra lista già firmata da Orlando, il centrosinistra ha stracciato la vittoria del centrosinistra in Liguria. Che follia».
Matteo Renzi, sembra dirlo con una certa soddisfazione.
«No. Nessun sentimento di rivincita né di vendetta. È solo l’amara constatazione che, continuando coi veti, Giorgia Meloni governerà dieci anni. Il veto non è una categoria della politica ma un atteggiamento tardo adolescenziale di chi non ha mai fatto gavetta politica».
Conte pensa invece che con Italia viva in coalizione avrebbero perso ancora più voti.
«Ha dimezzato i voti dei Cinque stelle delle Europee e fatto perdere Orlando, ancora pontifica? Dovrebbe avere almeno il pudore di riflettere prima di dire queste frasi. Il problema in Liguria è che non c’era un centro. E anche chi mi odia, riconosce a me e Italia viva quell’identità di centro che è mancata, e che è un valore aggiunto per la coalizione».
Può darsi, ma Conte, così come Avs, non si fida di lei.
«Qui non è un problema di simpatia o di rapporti umani, è politica. Ci sono solo due alternative: cercare un faticoso compromesso, così come in passato hanno fatto l’Ulivo e poi l’Unione. Oppure continuare a fare le pulci ai potenziali compagni di strada e tenersi la Meloni al governo».
Senza di lei non si vince, vuole dire?
«Lo hanno detto i liguri. Agli elettori di sinistra che pensano io non sia abbastanza di sinistra, dico che hanno ragione: io non sono come loro. E sono orgoglioso della mia identità e della mia diversità. Ma senza di me in coalizione non avranno il governo dei marxisti proletari, ma di Fratelli d’Italia. O fai accordi con noi, o ti sorbisci la coalizione di Vannacci e Salvini».
Temono che lei non sia leale, li può rassicurare?
«Guardi che a Conte, prima di farlo cadere, glielo dissi: “O cambi o ti mando a casa”. Sono sempre stato leale, io: le cose le dico in faccia».
Possiamo dire che ha fatto operazioni spregiudicate?
«Mai dato colpi sotto la cintura, piuttosto li ho subiti. Ma Conte la smetta di sognare di tornare a Palazzo Chigi».
È quello il punto?
«Quel Palazzo ha un incantesimo, l’ho avuto anche io: vedevo Gentiloni entrare e pensavo “ma che ci fa Paolo lì al posto mio?”. Dopo un anno mi è passata, a Conte ancora no. Ma ora deve farsela passare e smetterla di accusarmi di complotto per averlo mandato a casa: lo rifarei. Pensiamo al futuro».
Con queste premesse non è facilissimo stare insieme…
«C’è un pezzo di elettorato, il 2, il 3, il 4 per cento, che riconosce in me una posizione politica. Nel bene o nel male, io rappresento quel di più che sarà poco ma è decisivo. E non funziona se mi annacquo. Io funziono se non mi sbiadisco».
Qual è la sua proposta?
«Proviamo a fare un accordo su dieci punti di programma. Un contratto alla tedesca, o quello che Prodi chiamava Fabbrica del programma. Si individuano dieci punti e ci impegniamo tutti a realizzarli se andremo al governo».
Lei ora risponde al telefono dall’Arabia Saudita. Anche il tema delle sue conferenze all’estero è un problema per i potenziali alleati…
«In questo momento sono a un grande evento internazionale con centinaia di leader di tutto il mondo».
Ma sarebbe disponibile a firmare un codice etico condiviso dalla coalizione?
«Non avrei difficoltà a inserire come corollario del programma condiviso un codice etico, su cui sono pronto a ragionare. La mia trasparenza è totale. Ma a loro non interessa: usano le conferenze come alibi per attaccarmi. Sa che comincio a sospettare che ci sia qualcuno che voglia tenere la Meloni dov’è?».
Se volete stare insieme, è disponibile anche a una moratoria degli attacchi?
«Io sono quello che subisce insulti: affarista, faccendiere, definizioni false e diffamatorie. Se vogliono una moratoria degli attacchi devono farla loro: io posso fare quella della legittima difesa. Questo è il momento dell’unità».
Ha sentito Elly Schlein in queste ore?
«No, ho mandato un messaggio di congratulazioni a Bucci e uno per rendere l’onore delle armi a Orlando».
Se fosse ligure, chi avrebbe votato tra Bucci e Orlando?
«Elly Schlein mi chiese di non dare indicazioni di voto. Non l’ho fatto prima delle urne e non lo faccio ora».
Il voto è passato: se tiene questa ambiguità dà ragione a chi diffida di lei…
«Nessuna ambiguità, tengo solo fede da galantuomo a quello che mi è stato chiesto dal Pd. Dovrebbero diffidare di se stessi: buttandoci fuori hanno perso».
Perché non vi vedete con Conte e provate a chiarirvi di persona?
«Io dico sui giornali le stesse cose che dico in faccia. Quando lo incontro, Conte è sempre garbato nei toni salvo poi aggredirmi sui giornali. Non ho problemi a parlare con lui come con chiunque altro: purché si parli di politica. Sto per compiere 50 anni: non ho tempo per i piccoli risentimenti».
Come finirà in Umbria?
«Non lo so. So che a breve farò iniziative in Emilia-Romagna con De Pascale, che me lo ha chiesto».
Cosa si aspetta che succeda ora?
«Che il Pd, il partito di maggioranza relativa, si ricordi di esserlo. Elly Schlein faccia quel che crede, ma sappia che senza di noi l’anno prossimo in Toscana e Campania la vittoria non la vedono nemmeno col binocolo».