di Fulvio Paloscia
Bobo sfiderà il tempo. E l’usura a cui è destinata la materia di cui “ il terzo figlio” di Sergio Staino è fatto. La carta. Mentre ieri artisti, politici e cittadini al Castello dell’Acciaiolo di Scandicci rendevano l’estremo omaggio al vignettista scomparso sabato, si annunciava anche una nascita: quella dell’associazione Bobo e dintorni. «Avrà come primo obiettivo la digitalizzazione delle tavole di Staino, per “ metterle in sicurezza” » spiega Claudio Vanni, responsabile delle relazioni esterne di Unicoop Firenze (che sosterrà l’associazione), fondatore insieme ai familiari tra cui Michele Staino, che dopo la perdita della vista è diventanto il braccio destro del padre.
Michele adesso è davanti al feretro, sorvegliato da una vignetta dove Bobo, lo sguardo perso nell’infinto, pronuncia un vero e proprio aforisma. « Sono il raccattapalle del mio destino » . « Il babbo ha sempre giocato molto con me — ricorda — l’arrivo del computer a casa comestrumento per disegnare quando cominciò a perdere la vista significò prolungare quei giochi nei videogame. Spesso la notte pensava alle soluzioni, soprattutto quando stava sveglio per aspettarmi: era più apprensivo della mamma, se facevo tardi pensava subito a un incidente » . Poi c’è il nipote, Graziano, apprezzato videomaker, figlio del fratello Franco: « Mio zio aveva una grande capacità di fare comunità, di collegare persone diversissime sullo stesso progetto».
La grande folla è prevista per domani, alle 14 al Salone dei Cinquecento, in occasione del saluto laico che dovrebbe avere Paolo Hendel e Adriano Sofri come maestri di cerimonia. Però di gente ce n’è tanta. I primi a presentarsi, la mattina, sono Mario Primicerio, David Riondino, Riccardo Pangallo, e molti sono gli attori che arrivano alla spicciolata. Da Fulvio Cauteruccio a Daniela Morozzi e Anna Meacci, che posano sulla bara ( semplicissima, in legno chiaro: Staino sarà cremato), una matita e una gomma da cancellare accanto all’unica rosa. Perché Staino continui a disegnare. Ovunque sia. Antonella Bundu è in lacrime; Lorenzo Luzzetti e Cristina Giani, rispettiavente direttore e presidente del Teatro Puccini, ricordano «la fortissima impronta data dalla gestione artistica di Staino: oggi ancora resiste ». E aggiunge Luzzetti: «Mi definiva il suo fratello minore, di lui ricorderò l’onestà e la generosità». Simone Gheri, direttore generale di Anci Toscana, era assessore alla cultura del Comune di Scandicci ( poi, nel 2004, sarebbe diventato sindaco) quando Staino fu nominato presidente dell’Istituzione Servizi Culturali: « Ricordo le divergenze di vedute con Giancarlo Cauteruccio,che dirigeva il Teatro Studio nel segno della ricerca mentre Sergio voleva una gestione più pop: le discussioni fra i due furono sempre di altissimo livello. Quando coinvolgemmo Sergio nella vita pubblica di Scandicci, si era appena smarcato da Roma e all’inizio la vita qui dovette sembrargli stretta e provinciale. Poi ne diventò protagonista, tra l’altro nel momento di grande cambiamento di Scandicci. Mi mancherà la sua saggezza: con una battuta caustica era capace di abbattere la più evoluta elucubrazione sul futuro della città». Arriva anche l’ex presidente della Regione Claudio Martini, oggi sovrintendente della Scuola di Musica di Fiesole: « Ricordo le interminabili discussioni tra me, Sergio e Carlin Petrini sugli argomenti più diversi, dal cibo alla rivoluzione. Ma per me Sergio è una specie di convivente grazie al disegno che mi regalò per le nozze e che ho sempre davanti agli occhi lì, appeso alle pareti di casa mia». Però ci sono anche tanti comuni cittadini. Perché, dice una signora, « Staino era come Bobo. Uno di noi».
