La scia di sangue nei cantieri edili prosegue infrenabile, infischiandosene di primo maggio, feste dei lavoratori e dintorni. L’età media dei lavoratori che non torneranno a casa si alza sempre di più: per i tre di ieri sfiorava 60 anni, cifra con cui prima della Fornero si era in pensione.
Mentre l’Inail e il governo Meloni strombazzano una lunare «riduzione dei morti sul lavoro», le croci aumentano.
Ieri la media giornaliera di tre morti al giorno ha avuto epicentri strettissimo in Campania: poco più di quaranta chilometri nella provincia di Napoli.
A Lettere, pochi chilometri a nord est del capoluogo partenopeo, un operaio di 57 anni è precipitato dal terzo piano del ponteggio di un palazzo attorno al quale è in allestimento un cantiere edile. L’incidente è avvenuto in tarda mattinata, in via Depugliano.
L’altra vittima a Casalnuovo, a sud del capoluogo, è un operaio 60enne: è stato trasportato presso la clinica Villa dei fiori di Acerra, ma per lui non c’è stato nulla da fare.
La terza morte sul lavoro in un cantiere edile a Floridia, nel Siracusano: vittima un 59enne, operaio della ditta che si stava occupando dei lavori sul tetto della casa. Si è verificato un cedimento e l’uomo è caduto ed è stato poi stato travolto dal materiale.
È INVECE DEL PRIMO MAGGIO l’incidente che vicino ad Agrigento è costato la vita a un uomo di 64 anni, Mario Mondello, che è morto cadendo in un laghetto artificiale con il suo trattore che si è ribaltato.
«I DATI SONO SPIETATI: sono oltre 350 in tutto il Paese e 12 in Campania in questo primo scorcio del 2024 i lavoratori deceduti mentre erano impegnati nelle loro attività. Lo ripetiamo a gran voce, bisogna fermare questa mattanza – commenta segretario il generale Cgil Napoli e Campania Nicola Ricci – . Le due morti di queste ore in altrettanti cantieri della provincia di Napoli, confermano l’inadeguatezza delle normative in vigore e la necessità di fermare questo assurdo sistema degli appalti a cascata che deresponsabilizza le singole aziende e manda in tilt il lavoro degli ispettori nell’individuazione dei colpevoli della strage».
«FERMARE LE STRAGI sul lavoro non significa solo salvaguardare e proteggere la vita dei lavoratori, ma anche fermare l’illegalità, la criminalità che spesso si insinua nei sub appalti o in alcune realtà aziendali», precisa il segretario generale Uil Campania e Napoli Giovanni Sgambati, mentre secondo i sindacati degli edili Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil di Napoli «la competizione spuria, la mancata applicazione di norme contrattuali, la mancanza di formazione attentano alla vita delle persone».
IN TUTTO QUESTO IL REPORT «open data» Inail di ieri mattina sostiene il contrario. «Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto entro il terzo mese del 2024 sono state 145.130 (+0,4% rispetto a marzo 2023), 191 delle quali con esito mortale (-2,6%) rispetto alle 196 registrate nel primo trimestre 2023». In realtà la stessa Inail deve ammettere «un incremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 148 a 151, e un calo di quelli in itinere, da 48 a 40». La tipizzazione settoriale dell’Inail è criptica: «diminuzione in Agricoltura (da 20 a 18) e il Conto Stato (da 8 a 4), mentre l’Industria e servizi passa da 168 a 169 denunce mortali». Più interessante quella territoriale: «incrementi al Sud (da 31 a 41). «Diminuiscono le denunce dei lavoratori italiani (da 163 a 141), aumentano gli extracomunitari (da 26 a 39)».
Nonostante lo sforzo del manifesto e Maria Cecilia Guerra (Pd) per rendere pubblici i dati rispetto alla tipologia contrattuale e evidenziare il legame con la precarietà, l’Inail continua a non fornirli.
Irritante – anche per il lessico usato – il commento della Fondazione studi consulenti del lavoro (di cui è storica esponente la ministra Marina Calderone): «Morti bianche, nel 2023 i dati Inail evidenziano positivi segnali, indicando una contrazione dei casi mortali (da 1.090 a 1.041, con un decremento del 4,5%)». Per loro, dunque, le cose stanno migliorando.