Sul filo Russo
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20 Ottobre 2022di Viola Ardone
I diritti acquisiti, alle volte, non si cambiano abolendo leggi già esistenti, ma minandole in maniera occulta, forse nella speranza che nessuno se ne accorga.
Giovedì 13 ottobre, a pochi giorni dall’insediamento del nuovo Parlamento, il “neo-rieletto” senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ha depositato un disegno di legge per modificare nientedimeno che l’articolo 1 del Codice civile, quello in cui si precisa che il concepito acquisisce “capacità giuridica” solo successivamente “all’evento della nascita”. Se la modifica chiesta da Gasparri venisse approvata, invece, il nascituro avrebbe i diritti di una persona giuridica (tra cui quello alla vita) dal momento del concepimento. L’eventuale riforma, in poche parole, porrebbe su un piano di parità un embrione e un bambino. Ed andrebbe indirettamente a inficiare il diritto di abortire.
Quello di Gasparri è tra i primi atti di questa nuova scatenata maggioranza politica che, tra liti, scenette in parlamento a favore di telecamera, tentennamenti e ripensamenti, inizia “zitta zitta” a fare il suo vero lavoro. Il lavoro della destra, evidentemente. Ma non di una destra liberista, europeista, atlantista… come non si stanca di ripeterci affabilmente Meloni. No: la destra di cent’anni fa giusti giusti, i cui slogan ormai slabbrati erano: Dio, Patria, Famiglia. Gli stessi, però, che vanno ancora molto di moda in Ungheria, dove per legge le donne sono costrette ad ascoltare il battito del feto anche se hanno deciso di non portare avanti la gravidanza, e in Polonia, dove l’aborto è un reato.
La nuova destra, che è una destra-destra, invece di occuparsi dei non pochi problemi che ci sono sul campo (minaccia nucleare, crisi energetica, post pandemia, impoverimento generale…) si precipita il primo giorno di scuola a depositare una proposta antiabortista. E poco importa che il “neo-rieletto” Gasparri ci ricordi che la presentazione di questo Ddl è una sorta di rito apotropaico perpetrato dallo stesso ad ogni inizio legislatura. Stavolta la questione assume una rilevanza diversa: per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana c’è al potere una maggioranza di destra-destra che, volendo, potrebbe trasformare quel “disegno” in legge, spazzando via in un colpo decenni di lotte, di discussioni, di sofferenze, di morti per setticemia o dissanguamento, di invalidità permanenti, di vite spezzate di donne che hanno dovuto ricorrere all’aborto clandestino o accettare la maternità in maniera punitiva, come una scelta obbligata. Equiparare la vita dell’embrione a quella dell’essere umano significa non solo negare il diritto all’aborto. Significa anche privare il “contenitore” di quell’embrione, ovvero la donna, della capacità giuridica di decidere del suo corpo, del suo destino e della sua vita. E se pure quella di Gasparri rimanesse una “provocazione”, è un campanello d’allarme assordante da parte di una destra che torna sempre più insistentemente sugli stessi temi: famiglia tradizionale, identità di genere, movimento per la vita, sostegno alla natalità per la protezione dell’italica stirpe.
La legge 194 non è stata pienamente applicata, si lamenta Gasparri. Ebbene, la pensano come lui anche moltissime donne che, avendo preso la dolorosa decisione, si sono imbattute in medici obiettori, reparti affollatissimi, liste d’attesa tanto lunghe da rischiare di far saltare i termini fissati dalla legge, personale sanitario giudicante, tentativi di dissuasione, mortificazioni di ogni genere.
Quello che fa più male, però, è che le posizioni antiabortiste vengano sostenute a volte anche dalle donne. Donne che odiano le donne e che inneggiano alla vita ad ogni costo, a prescindere dal desiderio e dalla volontà di chi la concepisce. Donne che non provano alcun senso di solidarietà verso le madri, le sorelle, le figlie, le nipoti, le bisnonne o le perfette sconosciute che si sono trovate ad affrontare la stessa situazione e si sono sentite esposte, vulnerabili, sbagliate e sole.
Donne favorevoli al concepimento per legge e che non riescono a concepire un semplice principio: la libertà dell’altra non è un limite alla tua. Vedi alla voce: diritti.