Il Mef lavora alla spending review L’Anci all’attacco per evitare il congelamento di 100 milioni previsto nel 2025
ROMA — Le forbici sono pronte a correre veloci sulla manovra dei tagli. Giancarlo Giorgetti non intende tirare per le lunghe: «Ognuno farà quel che deve fare», è il pensiero ricorrente del ministro dell’Economia nelle ultime ore. La traduzione del dovere: tagli lineari alle spese dei ministeri.
L’aveva già detto lo scorso settembre, anche allora in vista della legge di bilancio: «Il lavoro che non hanno fatto i singoli ministri lo farà il ministro dell’Economia in loro vece, e addirittura intensificherà i tagli». E il concetto è stato ribadito sei giorni fa, all’ultimo Consiglio dei ministri. Invano. Ecco perché le parole di un anno fa si apprestano a diventare nuovamente le istruzioni per l’uso da utilizzare per il nuovo ciclo della spending review.
La tagliola è pronta al bis. A ieri sera, infatti, nessun ministro aveva trasmesso al Mef la lista degli sprechi da aggredire: la ricognizione interna è ferma. «Finirà come è sempre finita perché nessuno vorrà mettere il capo sul ceppo primadegli altri», confessa una fonte ministeriale. Solo che questa volta il metodo dei tagli lineari sarà più doloroso perché l’importo della spending review è destinato ad aumentare rispetto ai 3 miliardi già previsti nei tendenziali di spesa per il 2025. Se dai dicasteri traspare tranquillità, anche perché si punta a un recupero in extremis, lo stesso non sta avvenendo dentro l’Anci, la “casa” dei Comuni.
Non è un caso se ieri il delegato per la finanza locale, Alessandro Canelli, ha lanciato un allarme puntuale in Parlamento. «Ulteriori ipotesi di tagli diventerebbero veramente estremamente gravosi, soprattutto per tutta una serie di enti che hanno già difficoltà e sono già in crisi di vario genere», ha detto davanti alle commissioniBilancio di Camera e Senato riunite per le audizioni sul Piano strutturale di bilancio. Anche perché, ha spiegato Canelli, «nell’ultimo decennio abbiamo già dato 14 miliardi di euro».
I tagli sono sul tavolo di Giorgetti. Le opzioni sono due. La prima prevede l’obbligo per i Comuni di accantonare almeno 100 milioni nel 2025: i soldi non potranno essere utilizzati e si aggiungeranno ai 200 milioni di tagli previsti, sempre per l’anno prossimo, dall’ultima manovra. Le risorse ritorneranno nella disponibilità dei sindaci nel 2026, ma non come spesa corrente per coprire i costi del personale piuttosto che quelli dell’assistenza sociale. Lo schema prevede un vincolo inamovibile: i circa 100 milioni potranno essere impiegati sotto forma di spesa in conto capitale. Investimenti, dunque. La seconda opzione è un taglio aggiuntivo, sempre di circa 100 milioni, rispetto a quello già in calendario. La differenza tra i due interventi è sostanziale: nel primo caso è un congelamento, nel secondo invece un vero e proprio taglio.
Al momento Giorgetti è orientato sulla soluzione più morbida, ma per i Comuni non basta. L’accantonamento, infatti, non eviterebbe ai sindaci di perdere 100 milioni da utilizzare in spesa corrente. E anche se il titolare del Tesoro ha promesso tra 50 e 70 milioni in più per le spese dei minori, il s aldo “politico” resta negativo: tutti pagherebbero allo stesso modo. Nasce da qui la richiesta dell’Anci di agire con un obiettivo di comparto: sindaci seduti al tavolo del Mef per individuare i Comuni che possono pagare di più e quelli, già in difficoltà, da tutelare maggiormente. Ma come per i ministeri, anche questa soluzione implica un accordo interno tra i primi cittadini. Il tempo, però, stringe. E Giorgetti ha già pronta la soluzione: tutti faranno sacrifici.