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Lite tra partiti. La lettera contro De Fusco. Tra i firmatari Germano, Garrone e Guanciale
Maria Egizia Fiaschetti
ROMA Sul «blitz» al Teatro di Roma — la nomina del dg Luca De Fusco avvenuta in assenza dei membri del cda indicati dal Comune — il sindaco, Roberto Gualtieri, è deciso a dare battaglia: con un ricorso «in tutte le sedi possibili» e la mozione che verrà presentata domani in aula. In Campidoglio sono convinti che De Fusco, per evitare «di ritrovarsi contro l’intera città», dovrebbe dimettersi.
Nel frattempo il presidente, Francesco Siciliano, che venerdì sera ha sconvocato il cda salvo poi scoprire che gli altri consiglieri stavano procedendo con i lavori, contesta il contratto di De Fusco: a sottoscrivere l’accordo (150mila euro l’anno per cinque anni, una somma ritenuta «esorbitante») sarebbe stato infatti un componente del consiglio del cda, sebbene lo Statuto preveda che sia «prerogativa del presidente, legale rappresentante della Fondazione». Al di là dei tecnicismi, sulla vicenda continua a infuriare lo scontro politico con Gualtieri che insiste: «Le scelte sulle istituzioni culturali devono essere compiute sulla base del merito, i partiti non si devono intromettere». La segretaria dei dem, Elly Schlein, parla di «sfregio alla cultura» e attacca la premier, Giorgia Meloni: «La destra al governo, nazionale o regionale che sia, ha sempre e solo la stessa ossessione: occupare poltrone, promuovere gli amici, controllare attraverso i propri uomini le articolazioni del Paese». La senatrice dem Cecilia D’Elia annuncia un’interrogazione al ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sulle «indebite intromissioni dell’onorevole Federico Mollicone in decisioni che non sono di sua competenza». La replica del deputato di FdI, a capo della commissione Cultura: «Nessuna forzatura, la nomina è regolare, una scelta condivisa con il ministro Sangiuliano e il presidente della Regione Lazio. Per colpa delle dilazioni del presidente Siciliano il teatro è in esercizio provvisorio e rischia di perdere il finanziamento ministeriale». E lo stesso Sangiuliano aggiunge: «De Fusco non è uomo di destra, da giovane è stato socialista. Anche chi non appartiene ai circoletti romani ha il diritto di esprimersi nel mondo della cultura». Dai palazzi la protesta si allarga alla società civile: ieri, davanti al Teatro Argentina, si è svolto un sit-in contro «il brutale atto di prepotenza perpetrato ai danni del Teatro di Roma» (così l’assessore capitolino alla Cultura, Miguel Gotor, che sabato aveva chiesto una «mobilitazione civica»). E una ventina di artisti, romani e nazionali, hanno firmato una lettera per contestare la scelta di De Fusco: tra gli altri Fabrizio Arcuri, Matteo Garrone, Lino Guanciale, Elio Germano, Maddalena Parise e Vinicio Marchioni.
Ma in queste ore a spargere veleno sono anche le ricostruzioni sulla concitata notte di venerdì, quando era ormai chiaro quale piega avrebbe preso la partita. C’è chi racconta che il sindaco avrebbe creato una chat su WhatsApp (con la premier, il ministro Sangiuliano e il governatore del Lazio, Francesco Rocca) per sfogarsi contro «l’assalto squadrista». Da ambienti di centrodestra sostengono che Gualtieri sia stato «male informato» su tutti i passaggi, oltre al fatto che Onofrio Cutaia (il candidato del Comune) non fosse poi così entusiasta di dirigere il Teatro di Roma, aspirando a un incarico più prestigioso al Mic (in alternativa gli sarebbe stata proposta la direzione artistica del Valle).
Le sirene che risuonano dalla parte opposta insistono sul fatto che fino all’ultimo Gualtieri avrebbe ottenuto rassicurazioni da Sangiuliano su Cutaia ma, nonostante la presa di distanza di Gianni Letta che all’inizio avrebbe promosso «con garbo» la nomina di De Fusco, avrebbe prevalso la linea di Mollicone. E a proposito della «manovra» qualcuno fa notare: «Del Gaizo (vicepresidente del Teatro, ndr) era compagno di scuola di De Fusco…».