Pourquoi Israël fait les yeux doux aux Libanais
14 Agosto 2024“Il regime è in un vicolo cieco non fidiamoci dei finti moderati”
14 Agosto 2024Il conflitto mediorientale
Inviato a Gerusalemme
Spalleggiati da un manipolo di agenti che non ne hanno vietato l’accesso, dopo la prevedibile baruffa con i fedeli islamici spenta dalle minacce dei poliziotti, il ministro Itamar Ben-Gvir ha guidato sulla Spianata delle Moschee – Monte del Tempio per gli ebrei – la preghiera di centinaia di ultra-ortodossi. Il giorno prima l’esponente della destra estrema aveva bollato un possibile negoziato con Hamas come una «trappola». Ieri è passato alle vie di fatto laddove nel 2000, con un gesto di premeditata provocazione, l’allora leader del Likud Ariel Sharon innescò la seconda Intifada. Il premier Netanyahu, che di Sharon è l’erede politico, ha rimproverato il proprio ministro della Sicurezza nazionale, il quale resta al suo posto nonostante sia accusato da mezzo mondo di mettere a rischio proprio la sicurezza che dovrebbe assicurare. Gli Usa sono intervenuti sottolineando che l’irruzione di Ben-Gvir «non solo è inaccettabile, ma distoglie da quello che pensiamo sia un momento cruciale, mentre stiamo lavorando per portare questo accordo di cessate il fuoco al traguardo», ha detto ai giornalisti il portavoce del dipartimento di Stato, Vedant Patel. Dello stesso tenore la reazione dell’Unione Europea. Solo un accordo per il cessate il fuoco a Gaza potrebbe trattenere l’Iran dal compiere una rappresaglia diretta contro Israele, per l’assassinio del leader di Hamas Ismail Haniyeh sul suo territorio. Non solo, Teheran pone una condizione che cambia lo scenario: partecipare, pur dalle retrovie (anche se non conferma), ai colloqui di pace mediati da Usa, Qatar ed Egitto. L’appuntamento è per domani, ma non è ancora stato stabilito se a Doha, in Qatar, o in Egitto al Cairo. Meno di un giorno per cambiare il corso del conflitto e riscrivere gli assetti regionali. La leadership iraniana ha giocato d’astuzia, continuando a minacciare una rappresaglia tutt’altro che simbolica, e intanto aprendo la porta agli emissari di Washington per trattare su molte partite: dalla riapertura del negoziato per il nucleare ad uso civile, alla partecipazione nelle trattative per il destino di Gaza.
Un inedito, che consentirebbe all’Iran di accampare una vittoria su larga scala senza, al momento, dover sparare un colpo. L’ambasciata statunitense in Turchia ha confermato che Washington sta chiedendo agli alleati di persuadere gli Ayatollah ad abbassare il volume delle tensioni. «Speriamo che la nostra risposta (armata) sia tempestiva ed eseguita in modo da non danneggiare un potenziale cessate il fuoco», aveva dichiarato venerdì scorso la missione iraniana presso le Nazioni Unite, lasciando intendere che la promessa rappresaglia avrebbe a che fare solo con il caso Haniyeh. Rispondendo agli appelli alla moderazione, il ministero degli Esteri iraniano aveva sostenuto che «contraddicono i principi del diritto internazionale ». Ma una reazione alla vigilia dei colloqui per Gaza o durante le trattative, secondo il dipartimento di Stato Usa «avrebbe ricadute sul negoziato». Un continuo gioco al rialzo mentre Hamas non ha sciolto la riserva sulla partecipazione ai colloqui. E i mediatori israeliani prendono tempo perchè Netanyahu vorrebbe inserire delle nuove clausole per i quali i negoziatori di Tel Aviv chiedono al premier un mandato che non hanno ancora ricevuto. Esponenti vicini a Yahya Sinwar, riferiscono che secondo l’oramai capo supremo dell’organizzazione, «non c’è bisogno di negoziare. È sufficiente attuare la proposta americana di maggio». Due fonti di alto livello vicine agli Hezbollah libanesi hanno riferito che «Teheran darà una possibilità ai negoziati, ma non rinuncerà alle sue intenzioni di rappresaglia ». Un funzionario di Hamas ha negato che il gruppo intende partecipare ai colloqui: «A noi interessa attuare l’accordo proposto dagli americani a maggio, non svolgere altri negoziati».
Un cessate il fuoco a Gaza, tuttavia, offrirebbe all’Iran la giustificazione per una risposta «simbolica». Ma da Israele rispondono che qualsiasi attacco, anche senza alcun ferito e con danni minimi, otterrebbe una massiccia risposta. Per la prima volta da maggio Hamas ha lanciato due razzi contro Tel Aviv. Sono stati diretti, sembra intenzionalmente, fuori dalle aree abitate, inabissandosi in mare. «Abbiamo bombardato la città di Tel Aviv e i suoi sobborghi con due missili “M90” in risposta ai massacri sionisti contro i civili e allo sfollamento deliberato del nostro popolo », si legge in una nota diramata dal braccio armato di Hamas. La guerra non cala di intensità. Le armi sono il corredo della fase che precede la trattativa. Fonti di Hamas hanno recapitato una precondizione: aprire subito il “Philadelphia route”, lo stretto corridoio tra la Striscia e l’Egitto, da cui transitavano aiuti umanitari, sfollati, ma che non di rado era utilizzato dai combattenti per spostarsi rapidamente lungo la fascia cuscinetto. La risposta di Israele è stata un attacco che ha ucciso, riferiscono le autorità sanitarie di Gaza controllate da Hamas, diciannove persone. Tra questi anche una madre con i suoi due gemellini di 4 giorni. Il padre si è salvato perché era recato presso un improvvisato ufficio dell’anagrafe a registrare la nascita. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver colpito uomini armati.
Niente è scontato e ieri in tarda serata si è appreso che il segretario di Stato Usa Blinken ha rinviato il viaggio in Medio Oriene a causa delle incertezze tra le parti. Se la posizione di Netanyahu è sempre più difficile, con il “Forum dei familiari degli ostaggi” che continua a implorare un accordo, anche Hamas deve fare i conti anche con i malumori della stremata popolazione di Gaza. « Non siamo più in grado di sopportare questa guerra», ha raccontato Ghada, madre di sei figli che due giorni fa per ordine israeliano ha dovuto nuovamente lasciare la tenda in cui trovava riparo a Khan Yunis. «Spero che questa volta raggiungano un cessate il fuoco – ha implorato la donna -. Non so per quanto tempo ancora potremo sopravvivere».