dal nostro inviato
PESCARA — No, 25 coltellate non vengono sferrate per recuperare un debito di appena 240 euro. Il motivo per cui Paolo e Luca (nomi di fantasia) domenica hanno ucciso Christopher Thomas Luciani, è un altro. E il giudice che ieri ha disposto il carcere per i due ragazzi lo ha riassunto così: desideravano «provocare sofferenza e uccidere un essere umano». Volevano «cagionare sofferenza e morte». Per questo motivo, per «l’assoluta prevalenza dell’impulso omicida », appena sedicenni hanno ammazzato un loro coetaneo, alle 17 di un tranquillo pomeriggio estivo, al Baden Powell, un parco a pochi passi dal mare di Pescara. E dopo pochi minuti i due indagati sono andati a fare il bagno. È dallo stabilimento balneare “Croce del Sud” che bisogna partire per capire questa vicenda. Perché qui viene scatta una foto particolare, alle 18,21, neanche un’ora dopo il delitto. Si vede Paolo, in spiaggia, in posa: sguardo fiero e il pugno chiuso sul petto. Un selfie dopo l’omicidio, dopo aver fatto insieme al complice «battute scherzose e irridenti verso la vittima», come dirà un testimone. Perché tutta la comitiva, sia i ragazzi che dopo avrebbero denunciato sia quelli che sono rimasti in silenzio, sapevano che il corpo di Thomas era rimasto tra le sterpaglie ai margini di un parco, ma «siamo andati in tranquillità al mare», spiegano. «Non abbiamo pensato a chiamare nessuno, né polizia né ambulanza», è il racconto.
Anche prima del delitto sapevano che Paolo e Luca si erano «organizzati per questa cosa, per incontrare questo ragazzo», eppure nessuno ha mosso un dito.
I nomi dei protagonisti sono inventati, ma la narrazione è reale ed emerge dalle testimonianze e dalle immagini delle telecamere che la polizia ha sequestrato. I ragazzi si incontrano in stazione e cercano Thomas per riscuotere il denaro che doveva a Paolo. «Lo hanno visto vicino a un bar e lo hanno portato dietro al White Bakery e ci parlavano mettendosi in cerchio», raccontano. Poi una sosta ai «silos, dove Paolo lo ha fatto sedere». Quindi la strada verso il parco. È qui che inizia il film dell’omicidio. Sono le 16,46 quando i ragazzi attraversano i cancelli del parco. Paolo e Thomas davanti, «noi li seguivamo perché, conoscendo Paolo, so che è una persona che si arrabbia facilmente e in poco tempo si sarebbepotuti arrivare ad una rissa»,dice uno degli amici.
Nelle immagini si vede Paolo: è alto, cammina con le braccia distese lungo i fianchi, indossa un cappello da baseball, una maglia scura e i pantaloncini corti. Scarpe bianche, come il felpone nel quale sembra nuotare il ragazzo gracilino che gli cammina vicino: è Thomas. Le telecamere riprendono anche gli amici che si avvicinano a una panchina all’ingresso del parco.
Sono le 16,48 e si percepisce la tensione. I ragazzi si alzano e si siedono. Uno in particolare sembra più agitato. È Luca, il figlio di un colonnello dei carabinieri. «Indossa una maglia di colore rosso». Va verso Thomas e Paolo, poi ritorna indietro dagli amici e tutti insieme raggiungono i due contendenti.
Sono le 16,54 e tutti i ragazzi sono nel parco, fer mi davanti all’ingresso di un vialetto, vicino a un albero potato. Poi Paolo abbraccia Thomas: «Mette il braccio sinistro sulla spalla del ragazzo con la felpa bianca incamminandosi dietro la vegetazione che fiancheggia il campetto da gioco», spiegano gli investigatori. A questo punto Thomas capisce che qualcosa non va: «Ritorna velocemente lasciando l’altro alle sue spalle », ma quando esce vede «il resto del gruppo che stazionava in parte lungo il vialetto in parte seduti suoi tronchi di albero». Quindi torna indietro, tra le frasche, e resta con Paolo e Luca. Gli altri amici li seguono a qualche metro di distanza. Il film continua con un ragazzo, il testimone che denuncerà l’accaduto, che esce con la faccia sconvolta dalla radura: «È a terra, è morto», dice. Dopo di lui «a uno a uno escono tutti». O quasi. Perché «dalla vegetazione il ragazzo con la felpa bianca non si vedrà più uscire». Perché Thomas è stato accoltellato 25 volte: e letali secondo l’autopsia sono state le lesioni ai polmoni. Mentre colpivano Paolo e Luca lo insultavano e gli sputavano. «Stai zitto», dicevano quando «si lamentava emettendo come un verso di morte».Pochi istanti dopo due ragazzi del gruppo comprano un paio di canne al parco e vanno a fumare in spiaggia. È qui che tra risate e selfie si disfanno in mare del coltello. Poi uno dei ragazzi, il figlio di un ufficiale dei carabinieri, racconta tutto al padre. Quindi partono le indagini, il fermo e l’arresto appena convalidato, dopo la scelta dei due ragazzi di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al gip.