I vaccini e il progetto di autonomia differenziata per Letizia Moratti
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di Massimo Franco
Sta prendendo corpo un partito trasversale del Sud, deciso a contrastare il progetto di autonomia differenziata promosso dalla Lega. Di più, a usare quella proposta di legge per portare voti alle opposizioni in un Mezzogiorno spaventato dalla crisi economica, e timoroso che il progetto cristallizzi e approfondisca il solco con il Nord. La premier Giorgia Meloni insiste sull’esigenza di salvaguardare l’unità nazionale e cerca di frenare il suo vice Matteo Salvini. E la sua riforma presidenzialista dovrebbe bilanciare l’iniziativa leghista.
Che basti questa rassicurazione, però, è tutto da vedere. Il tema non riguarda soltanto il merito. L’inquietudine nasce da chi propone l’autonomia: una Lega ossessionata dal travaso di voti verso FdI anche sopra il Po nelle elezioni di settembre; e decisa a dare segnali al Nord che le restituiscano una parte dei consensi perduti, a cominciare dal voto in Lombardia. La durezza con la quale dalla Puglia alla Campania si fa muro è molto indicativa; e lo è ancora di più quella del M5S.
Il grillismo parla di «micidiale attacco al Sud», per accreditarsi come «sindacato» delle aree più impoverite del Paese. E addita la «pressione leghista» sulla premier. È una polemica facile, che promette di procurare un vantaggio al Movimento e ad alcuni settori di una sinistra in affanno anche nel Meridione. Ma è anche una questione che ripropone l’esistenza di due «governi paralleli» all’interno della destra. Con la Lega salviniana che tenta di imporre una linea estremista su immigrazione, autonomia regionale, tetto dei contanti, «pace fiscale». Se potesse, la Lega cercherebbe di distinguersi anche sui rapporti con la Russia. Ma l’invasione dell’Ucraina e i legami atlantici non lo permettono. Per questo, l’idea che si stia assistendo a un gioco delle parti tra la premier e il suo vice Salvini convince poco; né sembra che Berlusconi si rassegni a un ruolo gregario. È più verosimile che la competizione per il primato a destra, finora stravinta da Meloni ai danni di Lega e FI, si sia spostata dentro la coalizione governativa; e sia destinata a punteggiare l’intero arco della legislatura. La narrazione della maggioranza è quella di una compattezza che le opposizioni tentano di sgualcire per coprire le proprie magagne. Di certo, tra Pd, Carlo Calenda e M5S i rapporti sono disastrati, a differenza di quelli nella coalizione di destra. Ma la tensione c’è. Basta registrare il monito del commissario romano di FI sul Lazio. Non basta «confidare nelle divisioni avversarie», ha detto ieri Maurizio Gasparri. «Non ripetiamo l’errore alle Comunali di Roma». Un messaggio in bottiglia per la premier, che scelse un candidato improbabile.