di Giordano Stabile
C’è un raro quanto fragile allineamento astrale in Medio Oriente. Per ragioni molto diverse Washington e Teheran vogliono evitare un’escalation, una guerra regionale. In America pesa la campagna per la Casa Bianca, il ruolo della minoranza musulmana in alcuni Stati in bilico e più in generale la necessità di ripristinare la statura morale degli Stati Uniti, incrinata dalle stragi di civili a Gaza. L’Iran vive una fase di transizione: da una presidenza oltranzista, quella del defunto Ibrahim Raisi, alla promessa di una fase più moderata, soprattutto sul fronte interno, da parte del nuovo presidente Massoud Pezeshkian. Per recuperare consensi tra la popolazione il nuovo governo deve però affrontare le questioni internazionali, su tutte le sanzioni che soffocano l’economia. Pezeshkian, con la scelta di un ministro degli Esteri riformista, Abbas Araghchi, ha indicato che vuole trattare con l’Occidente. E lo ha confermato ieri con la disponibilità a ritornare al tavolo del nucleare. Nulla di tutto ciò può avvenire senza il consenso di Ali Khamenei.
L’erede di Khomeini deve maneggiare i meccanismi di bilanciamento dei poteri all’interno della Repubblica islamica, una teocrazia articolata. L’ala militare, i Pasdaran, è più propensa alla rappresaglia, anche per essere stata schiaffeggiata in casa propria dal blitz che ha portato all’eliminazione di Ismail Haniyeh. Va anche detto però che il colpo è meno duro, dal punto di vista iraniano, dell’uccisione del comandante delle Guardie rivoluzionarie Mohammed Reza Zahedi nell’ambasciata a Damasco il primo aprile. La risposta ci sarà ma deve essere ancora modulata. Oltre, ci sono obiettivi più importanti. Uno, consolidare la presa sulla dirigenza palestinese. Vendicare Haniyeh è dovuto, liberare prigionieri di grande levatura, su tutti Marwan Barghouti, avrebbe un impatto più profondo. Il secondo obiettivo è spingere al ritiro le truppe americane da Iraq e Siria. Tra un mese il ministro degli Esteri iracheno, Fuad Mohammed Hussein sarà a Washington per discuterne. L’ipotesi di accordo è la fine della missione occidentale entro settembre 2025. Certo, un raid fuori misura, anche per sbaglio, può fare un falò in un attimo di questi propositi. Come direbbe il poeta Jalaluddin Rumi, “le stelle ci stanno guardando… fino alla prossima luna piena”.