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TACCUINO
di Marcello Sorgi
La campagna elettorale si apre con la richiesta di rinvio a giudizio per la ministra Santanchè da parte della Procura di Milano, con l’accusa di truffa all’Inps. È l’ultimo capitolo di una vicenda giudiziaria che si trascina praticamente dalla nascita del governo, e potrebbe non essere il solo, dato che la ministra è sotto inchiesta anche per falso in bilancio della sua azienda “Visibilia”. Santanchè ha sempre legato al rinvio al giudizio una sua eventuale decisione sull’uscita dal governo. Decisiva quindi sarà la decisione del Gip sulla richiesta del pm, che potrebbe arrivare non subito, o addirittura aspettare la data del voto, una sensibilità che alcuni magistrati hanno e altri no, per non influenzare la campagna.
In questo secondo caso la possibilità o meno che Santanchè resti al governo rimarrebbe a galleggiare sulla campagna elettorale, offrendo a Schlein e Conte, ma anche a Bonelli e Fratoianni, come s’è visto già ieri, un bersaglio su cui tirare quotidianamente, in attesa che Meloni e non solo la ministra decidano sul da farsi. Che il Gip alla fine accontenti la Procura e Santanchè, presto o tardi, sia costretta a dimettersi, sono in tanti ormai a darlo per scontato: anche nel suo interesse. Il processo che la riguarda potrebbe cominciare in autunno; la resistenza, che già si trascina da tempo, potrebbe rivelarsi inutile o controproducente, al di là di qualsiasi atteggiamento garantista, non essendo possibile immaginare una ministra che sieda contemporaneamente sul banco degli imputati e al tavolo del governo. Ecco perché sono tornate a circolare voci di un rimpasto.
Lega e Forza Italia si sono prodotte ieri in tiepide dichiarazioni in difesa. Ma molto, per non dire tutto, dipenderà da quel che vorrà fare Meloni. Finora la premier ha fatto scudo alla sua ministra anche contro le mozioni di sfiducia respinte in Parlamento dalla maggioranza. Ma ora siamo in campagna elettorale, tutto è diverso. Trascinare la questione Santanchè, aggiungerla ai già molti problemi correnti del governo potrebbe essere controproducente. Meloni ha resistito anche perché le dimissioni della ministra verrebbero legittimamente salutate dalle opposizioni come una vittoria. Per un giorno. Mentre qui si tratta di portarsi dietro un bersaglio per quasi sei settimane.