Il governo frena, consenso in calo ma il “campo largo” resta indietro
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23 Settembre 2023i democratici
«Pensano solo al voto»
Schlein accusa il M5S, poi l’idea sul lavoro: settimana di 4 giorni. Tensione sul rientro di Cofferati. I riformisti: ci rispetti
Maria Teresa Meli
ROMA Elly Schlein è convinta che occuparsi «solo di temi concreti» e tenersi «lontana dalle polemiche» paghi. E per questo liquida le critiche di Beppe Grillo con un «lui pensa alle Europee, noi facciamo opposizione», lasciando intendere che i 5 Stelle hanno in mente solo di rosicchiare qualche voto in più. Anche se subito dopo aggiunge: «Solo uniti posiamo essere efficaci per costruire l’allternativa».
Ma non è di Grillo o dei 5 Stelle che la segretaria del Pd vuole parlare. In una lunga intervista a Fanpage.it lancia una nuova suggestione nel dibattito politico. Secondo la leader del Pd infatti «la settimana lavorativa di quattro giorni è una misura da sperimentare»: «La riduzione di lavoro a parità di salario — spiega — dove la stanno sperimentando in Europa e anche in alcune aziende in Italia, dimostra che c’è addirittura un aumento di produttività».
Schlein vuole evitare le polemiche ma l’arrivo di Sergio Cofferati solleva qualche perplessità. L’ex leader della Cgil non è entrato con i piedi di piombo in casa dem. In un colloquio con La Stampa ha attaccato il Jobs act e il Pd versione Renzi. Non che la sua posizione su entrambe le questioni sia troppo dissimile da quella di Schlein, anzi. Ma mentre criticare la segretaria è più difficile, imporre l’altolà all’ex sindacalista è più agevole. E infatti i riformisti del Pd, parlando a nuora perché suocera intenda, si fanno sentire. «Quando si entra o si torna in un partito sarebbe buona norma rispettare le persone che in questi anni hanno militato e lavorato per questo partito, le loro idee, le loro storie», dice Filippo Sensi. Critiche anche da parte di Lia Quartapelle: «La furia iconoclasta con cui alcuni, ultimo Cofferati, si scagliano contro il Jobs act non aiuta a ragionare e a guardare avanti».
Nel dibattito interviene anche Marianna Madia: «Cofferati dice che «se qualcuno nel Pd approva il Jobs act deve spiegare qual è il contenuto riformista di quella brutta legge. Ero responsabile Lavoro nella prima segreteria Renzi. Pronta a spiegarglielo». E l’ex capogruppo pd al Senato Simona Malpezzi osserva: «Cofferati deve rispettare militanti ed elettori e Schlein si deve fare garante della sintesi tra diverse posizioni». Preoccupato per una possibile involuzione del Pd anche Stefano Bonaccini, che dice: «Nel partito vorrei sentire di più la parola impresa». E intanto nel Pd c’è già chi dice che Cofferati mira a una candidatura alle Europee nella circoscrizione del Nordovest. Schlein cerca di spegnere la polemica: «Nessuno si senta in casa d’altri, il partito è di tutti».
Nella sua lunga intervista a Fanpage.it, oltre ai temi del lavoro, la segretaria del Pd si occupa di un altro argomento: la depenalizzazione delle droghe leggere. Sulla questione la sua posizione è netta: «È una misura necessaria. Nei Paesi dove è già stata fatta si dimostra che la depenalizzazione non aumenta il rischio, anzi».
La Direzione del Partito democratico è convocata per giovedì 5 ottobre. Difficile, però, che i tanti nodi al pettine del Pd vengano fuori in quella riunione.
Dentro
il Movimento
Summit Conte-Grillo per smarcarsi dal Pd «Convergenze ma niente alleanze»
L’obiettivo di parlare anche ai delusi di FdI
Emanuele Buzzi
MILANO Ride e scherza in una lingua straniera, un finto cinese, e dribbla i cronisti che gli chiedono un commento sull’incontro tra Antonio Tajani e il presidente del partito comunista cinese. Beppe Grillo lascia così Roma e l’hotel Forum dopo due gorni e, soprattutto, dopo un incontro di quasi due ore con Giuseppe Conte. Leader e garante insieme «più per questioni pratiche che politiche», dicono nel Movimento.
Bocche cucite o quasi nel partito. Le indiscrezioni che filtrano sono su ruolo e presenze (anche in base al contratto di consulenza) dello showman ligure nei prossimi mesi. Si ipotizza una presenza del fondatore più assidua, anche a eventi M5S, come già sta avvenendo per i blitz romani.
Ma la coppia presidente-garante sembra solida. E marcia compatta, nonostante le tensioni interne alla truppa stellata (più che altro per una revisione del tetto dei due mandati). La via politica è tracciata da Conte e dal suo inner circle. E ha il placet di Grillo. Lo smarcamento dal Pd è iniziato. La mossa non è più quella di «togliere un punto al Pd», ma «guardare a chi è deluso dalla Meloni» pur «rimanendo nell’area progressista», spiegano i Cinque Stelle. «Non possiamo farci percepire come il Pd», c’è chi dice nel Movimento. E precisa: «Abbiamo una nostra identità e la mostriamo». Il ragionamento è più complesso e ha un modello, «quello della sinistra nord-europea», che «non dice accogliamo tutti, ma guarda agli effetti e ai problemi». Dietro allo smarcamento dei dem c’è la convinzione che «anche sui migranti abbiamo una base più pragmatica: possiamo dire le cose come stanno». Insomma, il Movimento prova una «quarta via»: rimanere nell’alveo progressista rivendicando una propria autonomia.
Lo stesso Conte, intervenendo alla festa di Tpi a Bologna, mette i puntini sulle i: «Tutti ci vogliono far litigare con il Partito democratico: non ho mai parlato male della Schlein e non ne parlerò mai male. Siamo contenti di trovare convergenze con il Pd». Convergenze, non alleanze, quindi. E — precisa il leader — se si realizzano queste convergenze «noi siamo felici». E intanto il presidente M5S rivendica la paternità della battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro: «Il 15 marzo ho lanciato una proposta di legge a mia prima firma per la riduzione del tempo di lavoro, la settimana corta in via sperimentale a parità di salario. La dedicheremo a De Masi». Conte tra le righe richiama anche il desiderio di convincere delusi e astenuti: «Se fossimo spregiudicati non ci metteremmo nulla a tirar fuori un cartello elettorale con Schlein, lo fa benissimo il centrodestra, a ogni tornata elettorale si mettono tutti insieme poi litigano su tutto. Io credo però che per portare tanti cittadini ad ascoltarci, per essere credibili, per riportarli nelle urne elettorali dobbiamo essere credibili, seri, responsabili».
Insomma, la lunga volata per le Europee agita non solo il centrodestra ma anche il centrosinistra.