Finisce il mito di Giorgia l’invincibile la destra rischia un rodeo senza regole
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27 Febbraio 2024Un doppio e allegro bagno di realtà. Le elezioni sarde offrono buone notizie per il futuro dell’opposizione (tutta) ma anche della maggioranza
La Sardegna, che bellezza. Aprite gli occhi e ragionate. Ci sono molte buone notizie che arrivano dalle elezioni sarde. Buone notizie per tutti: sia per gli sconfitti sia per i vincitori. Le elezioni sapete come sono andate. Dopo una giornata caotica durante la quale il popolo degli scrutatori ha contato i voti delle regionali con la stessa velocità con cui nel film “Zootropolis” gli impiegati della motorizzazione offrono pregiati servizi ai propri clienti, alla fine, risultato definitivo a parte, qualche elemento certo c’è (nel momento in cui questo giornale va in stampa Alessandra Todde è in vantaggio). Sono stati battuti i pronostici che vedevano il centrodestra facilmente vincente. Sono stati battuti i pronostici che vedevano il centrosinistra come una coalizione fuori partita. E’ stato battuto il centro di Renato Soru (il cui 8 per cento arriva dopo il 9 per cento di Moratti in Lombardia, arrivato a sua volta dopo l’8 per cento del Terzo polo alle politiche del 2022: lo spazio è piccolo ma c’è). E in questo contesto si si possono individuare una serie di notizie interessanti e persino positive. Notizia positiva numero uno: la presenza di un’alternativa possibile (prossimo obiettivo: superare il 50 per cento, fra tutti i partiti d’opposizione, alle europee) che può creare una competizione reale con il centrodestra. E quando un governo si ritrova di fronte un avversario vero il dovere di migliorarsi, e di occuparsi meno dei capricci interni, diventa una necessità. Notizia positiva numero due: la presenza di un’ennesima candidatura debole, fortissimamente voluta da Giorgia Meloni, che consente di mettere in rilievo un problema che la presidente del Consiglio prima o poi dovrà affrontare con forza: la presenza di una classe dirigente non all’altezza di tutte le sfide a cui dovrebbe far fronte il primo partito italiano. Truzzu (ampiamente superato nella città di cui è stato sindaco dalla sua rivale e ampiamente sotto la percentuale delle liste che lo hanno sostenuto) arriva dopo Enrico Michetti (disastroso candidato a Roma nel 2021), che arriva dopo Luca Bernardo (disastroso candidato a Milano nel 2021), che arriva dopo diverse scelte infelici fatte al governo da Meloni (da Santanchè a Urso, per esempio) e arriva dopo scelte poco fortunate in altri ambiti come quelle fatte in alcune società partecipate dallo stato (un anno fa, Meloni ha tirato fuori dal cilindro, per la guida di Terna, una manager che sentiva vicina, e Terna, fra le società partecipate rinnovate nel 2023, è l’unica ad avere un valore del titolo inferiore rispetto a un anno fa). E dover fare urgentemente i conti con i limiti della propria classe dirigente produrrà alcuni risultati. Probabilmente Meloni dovrà puntare su stessa alle europee per non deludere le attese e probabilmente Meloni dovrà anche accelerare la partita delle nomine primaverili per evitare scherzi degli alleati (per riconfermare gli attuali amministratori delegati di Cdp e Ferrovie, come vorrebbe la premier, occorrerà quantomeno dare alla Lega la Basilicata, dove si voterà ad aprile). E’ dunque una buona notizia il bagno di realtà della maggioranza di governo. Così come è una buona notizia il bagno di realtà delle opposizioni. Il centro, ancora una volta, ha di fronte a sé un quadro chiaro: per contare qualcosa, alle elezioni, bisogna colpire uniti, dopo aver marciato divisi, ma per contare davvero qualcosa occorre scegliere da che parte stare, o di qua o di là, praterie al centro continuano a non vedersi. Il centrosinistra, ancora una volta, ha di fronte a sé una prospettiva evidente. L’onda di destra, in Italia, non c’è (altro che regime). Non c’è stata nel 2022 (la destra ha vinto solo perché le opposizioni si sono divise). Continua a non esserci ora (come dimostra la Sardegna). E quando le opposizioni si uniscono lo spazio per non perdere esiste. Tutto sta nel capire, per il Pd, se l’altra lezione sarda sarà chiara: un partito che ne insegue un altro è destinato a trovare la sua dimensione naturale solo quando diventa la costola del partito che insegue. Viva la Sardegna!