La repressione che comincia a quattordici anni
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7 Settembre 2023
di Massimo Franco
Più che prevedere una legge di bilancio plasmata per sottrazione, eliminando buona parte delle promesse elettorali, la domanda è come la maggioranza riempirà il vuoto. Dietro la parola d’ordine di Giorgia Meloni che vuole «serrare i ranghi» e impedire «l’assalto alla diligenza» statale, si indovina la consapevolezza di avere margini risicatissimi; ma anche la volontà di non allargarli a dismisura, provocando la reazione europea di fronte a una lievitazione della spesa pubblica. La tenuta parlamentare della destra si è dimostrata più di una volta, e l’ultima ieri, tutt’altro che granitica. E distrazione e inesperienza concedono a opposizioni poco credibili e poco incisive la possibilità di incursioni tese a sottolineare alcune fragilità del governo. Ma le incognite si annidano quasi per intero nella coalizione. La scelta della premier di non ignorare i vincoli dell’Ue sembra incoraggiare gli alleati, in particolare la Lega di Matteo Salvini, a mostrarsi insofferenti a qualsiasi vincolo di bilancio. La polemica salviniana contro i commissari italiani a Bruxelles accusati di «giocare con un’altra maglia» è un assaggio di tensioni future. Tra nove mesi ci sarà il voto europeo. E l’alleanza di destra sarà tarata su quell’obiettivo: con unità e compattezza, secondo la versione ufficiale; con una dura competizione sotto traccia, nelle ammissioni ufficiose. La sfida ha un canovaccio già abbozzato, sebbene non dichiarato. E riguarda la capacità di Meloni di smarcarsi dal populismo degli alleati, per presentarsi a giugno con un profilo moderato. Sarà una lotta non facile, e fortemente condizionata da sondaggi che danno tuttora la premier saldamente in vantaggio, seppure con qualche piccolo cedimento. D’altronde, l’unico epilogo che tutti escludono, compreso chi a destra vuole ridimensionarla, è una crisi del suo governo per assenza di alternative e per motivi interni e internazionali: gli aiuti europei e l’aggressione russa all’Ucraina. Per il resto, i giochi sono aperti. Le convulsioni centriste, con i veleni sulla soglia di sbarramento al 3 o al 4 per cento, confermano manovre di corto respiro. La vera sfida si giocherà a livello continentale, su uno sfondo stravolto. Ne ha parlato ieri Mario Draghi, ex premier e ex presidente della Bce, al settimanale britannico Economist: per dire che le strategie del passato sono morte, e che riproporre per le politiche di bilancio «le vecchie regole sospese durante la pandemia sarebbe il risultato peggiore». Che cosa implichi per l’Italia questo scenario inedito si capirà nei prossimi mesi. C’è solo da sperare che, di fronte a un carniere avaro per necessità di concessioni economiche, la maggioranza non cerchi nelle riforme costituzionali un diversivo.