Alessandro Di Matteo
Roma
Elly Schlein ha sicuramente rimesso in moto il Pd, ma «ora è il momento di chiarire la visione del partito su economia, crescita, lavoro». Per Luigi Zanda, tra i fondatori del Pd ed ex capogruppo al Senato, «Schlein ha mostrato subito personalità, ha mosso le acque di un partito che nei lunghissimi mesi del congresso era immobile». I sondaggi però contano relativamente, avverte, bene il Pd in ripresa ma «succede sempre quando cambia il segretario. La prima prova seria la avremo alle europee del 2024».
Finora le battaglie della leader sono state soprattutto su famiglie arcobaleno, migranti, antifascismo. Sarà un Pd più movimentista?
«Le battaglie che Schlein ha sottolineato in queste settimane sono sacrosante. Ma penso che sia molto importante difendere la natura di partito politico del Pd. Credo sia molto rischiosa la tentazione di scivolare verso una “forma movimento”. I movimenti sono organizzazioni molto superficiali come pensiero, il dibattito è molto scarso, si preferisce il consenso acritico nei confronti del leader. La nostra Costituzione immagina una democrazia rappresentativa sostenuta da partiti. I movimenti si comportano da comitati elettorali, i partiti elaborano pensiero e sono fatti di organizzazione. Col tempo ho molto rivalutato il centralismo democratico…».
Sull’economia Schlein si è esposta poco. Che linea avrà il partito su fisco, Pnrr?
«Diamole tempo, naturalmente. Però Schlein deve ancora mostrare la sua visione del partito, dell’Italia. Servono soluzioni per i grandi problemi nazionali, che sono naturalmente l’economia, lo sviluppo, la sicurezza, il mezzogiorno, la cultura, l’immigrazione, la politica estera. Tutte grandi questioni sulle quali finora abbiamo ascoltato l’enunciazione del problema ma non le soluzioni».
Sui migranti il nuovo Pd è in prima linea.
«Le migrazioni sono in prospettiva un problema gigantesco, la pressione verso l’Europa e Italia aumenterà consistentemente. E non vedo in Ue la consapevolezza del miliardo di persone che nei prossimi anni cercherà di venire da noi. E’ giunto il momento di elaborare una posizione complessiva, molto articolata. Ma è necessario dire cosa esattamente si intende per accoglienza e integrazione, parole che vanno declinate. Dobbiamo accogliere i migranti e integrarli. Ma come? In che misura? Con quali mezzi?».
Sull’Ucraina resta la “linea Letta”. E’ soddisfatto?
«La scelta di votare a favore dell’invio di aiuti anche militari è obbligata, una scelta diversa avrebbe fatto esplodere il Pd, il partito sarebbe andato in pezzi. Il problema fondamentale è quello che pone Schlein: la pace. Ma serve un passo avanti, a politica estera è diventata centrale nella vita politica e comporta decisioni molto complesse: che pace? La pace di Zelensky o quella di Putin?».
I ruoli-chiave in segreteria sono affidati a chi fino a pochi giorni fa non aveva la tessera del Pd. Schlein per rinnovare il partito torna a “occupy Pd” dei primi passi?
«Se Schlein considera il Pd un partito leaderistico allora la segreteria conta poco. Viceversa, se la segreteria deve essere l’organo esecutivo, allora ha ragione Cuperlo. Sono state chiamate personalità che non vengono dalla società civile, ma da altre formazioni politiche molto minoritarie rispetto al Pd. La logica di questa scelta mi sfugge. Mi dispiacerebbe molto se fosse quella di “occupare” il partito, il mio giudizio diventerebbe molto negativo».
C’è qualche mal di pancia tra i cattolici, soprattutto sulle adozioni per le famiglie arcobaleno. Lei era capogruppo quando si votarono le unioni civili. Che suggerimenti dà?
«Il punto centrale sono i diritti dei bambini. Io ricordo che per le unioni civili il presidente del Consiglio era Matteo Renzi, io gli dissi chiaramente che senza il voto di fiducia non ce l’avremmo fatta. Il rapporto col mondo cattolico sui temi dei diritti è stato sempre delicato, l’abbiamo risolto bene sul divorzio, l’aborto, le unioni civili. Lo faremo anche stavolta».
La segretaria ricorda che al congresso ha vinto una linea. Se cambia il Dna del partito, non si rischia che qualcuno si senta messo alla porta?
«Se mi chiede se vedo problemi per i cattolici nel Pd, dico di no. Non vedo prospettive di scissione. Penso che il Pd debba essere fermo nella tutela dei diritti ma, come dicevo, penso che la politica di un grande partito si veda anche in molti altri campi nei quali sinora ci si è soffermati meno, appunto la politica economica, lo sviluppo, il lavoro…».