
Il dito che non trovò più l’occhio
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Le tensioni che attraversano le Americhe stanno generando ripercussioni diplomatiche ben oltre il continente. Il caso più clamoroso è il sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera di grandi dimensioni al largo delle coste venezuelane, annunciato da Donald Trump al Washington Post. Caracas ha risposto accusando Washington di violazione della sovranità nazionale, denunciando su El Universal un gesto provocatorio che rischia di aggravare ulteriormente una relazione già logorata. Intanto una figura centrale dell’opposizione a Maduro, Maria Corina Machado, controversa Nobel per la Pace, è riuscita a fuggire dal Paese e raggiungere Oslo dopo un viaggio clandestino ricostruito dal Wall Street Journal, simbolo di un’opposizione sotto pressione e di un regime sempre più chiuso.
Sempre negli Stati Uniti, la tensione si sposta sul versante politico-militare. La Camera ha approvato una legge che sollecita il Pentagono a rendere pubbliche le prove sull’attacco a una nave, un passaggio riportato dal Washington Post che riflette il clima di sospetto e contrapposizione interna. Nel resto del continente la situazione non appare più stabile: in Bolivia l’ex presidente Luis Arce è stato arrestato nell’ambito di un’inchiesta per corruzione, come riferito da DW, segnando un brusco cambio di scenario a poche settimane dalla fine del suo mandato.
Sul fronte migratorio e dei visti, l’amministrazione Trump rilancia politiche selettive e ad alto impatto mediatico. Il New York Times segnala l’apertura delle candidature per nuovi visti da un milione di dollari, mentre Al Jazeera rivela che Washington intende chiedere ai visitatori di fornire i dati relativi ai propri social media degli ultimi cinque anni per poter entrare nel Paese. Due misure che segnano una crescente torsione securitaria, capace di ridefinire l’accesso agli Stati Uniti secondo criteri economici e di controllo digitale.
Al di là dell’Atlantico, il Guardian avverte che la linea dura dei governi europei, insieme alla postura del premier britannico Starmer, rischia di costruire una vera e propria “gerarchia delle persone”, comprimendo i diritti umani e introducendo standard differenti a seconda dei contesti politici e sociali.
Sul fronte della guerra in Ucraina, Le Monde riferisce che Trump avrebbe avuto scambi particolarmente tesi con i leader europei durante le trattative più recenti, mentre Al Jazeera dà conto di un massiccio assalto meccanizzato russo nella battaglia per Pokrovsk, segno di una fase nuovamente espansiva della pressione militare di Mosca.
Anche l’altro teatro di guerra continua a deteriorarsi. A Gaza, Al Jazeera racconta come la tempesta Byron abbia sommerso un territorio già devastato, mettendo ulteriormente alla prova una popolazione stremata da mesi di distruzione. In Cisgiordania, un reportage di Le Monde descrive metodi sempre più aggressivi con cui Israele imporrebbe un regime di terrore capace di ridisegnare le condizioni di vita nella regione.
Nel loro insieme, questi eventi delineano un quadro globale dominato da crisi sovrapposte: conflitti aperti, politiche securitarie, instabilità istituzionale e diritti messi sotto pressione. Un mondo in attrito, dove i fronti militari e quelli politici si alimentano reciprocamente, e dove ogni regione sembra riflettere le fratture delle altre.





