
Ucraina, il compromesso europeo: soldi subito, lo scontro con Mosca rimandato
19 Dicembre 2025
Gli intrecci di popoli e civiltà nelle “storielle” di Cipolla
19 Dicembre 2025La cronaca si apre negli Stati Uniti, con la sparatoria alla Brown University che lascia dietro di sé più domande che risposte. Il sospetto, un cittadino portoghese con un dottorato conseguito proprio a Brown, è stato trovato morto in New Hampshire. Dai resoconti emerge una figura metodica, capace di utilizzare strumenti e accorgimenti per far perdere le proprie tracce, mentre il movente resta ancora oscuro. La polizia del Rhode Island parla di centinaia di segnalazioni al giorno: un dato che restituisce il clima di allarme diffuso e la difficoltà di governare una violenza ormai strutturale nella società americana.
Dall’altra parte del mondo, l’Australia reagisce a una tragedia simile con una scelta politica netta. Dopo l’attacco di Bondi, il governo annuncia un programma di riacquisto delle armi da fuoco, richiamando una tradizione di intervento pubblico che, dopo la strage di Port Arthur negli anni Novanta, aveva drasticamente ridotto la circolazione delle armi. Il confronto implicito con gli Stati Uniti è evidente: stessa tragedia, risposte opposte.
Intanto il conflitto non è solo armato ma anche tecnologico ed economico. TikTok ha firmato l’accordo per scorporare la propria entità statunitense, cedendola a un gruppo di investitori americani. È un passaggio che va oltre il destino di un social network: racconta la crescente frammentazione dell’economia globale lungo linee geopolitiche, dove sicurezza nazionale e controllo dei dati diventano leve decisive.
In Europa, la guerra in Ucraina continua a ridefinire strumenti e limiti dell’integrazione. L’Unione europea ha deciso di emettere 90 miliardi di euro di debito congiunto per sostenere Kiev, dopo lo stallo sull’uso dei beni russi congelati. La stampa britannica sottolinea proprio questo punto: l’accordo c’è, ma senza toccare i patrimoni russi, segno delle cautele politiche e giuridiche che ancora frenano scelte più radicali. Sullo sfondo, Al Jazeera apre un altro fronte di riflessione: il difficile tentativo dell’Ucraina di ricostruire i rapporti con la Cina, incrinati dalla guerra e dalle ambiguità di Pechino nei confronti di Mosca.
Sempre in Europa, ma su un piano diverso, l’UE rinvia l’accordo commerciale con il Mercosur a causa delle proteste degli agricoltori. È una notizia che rivela una frattura interna: la transizione ecologica e il libero scambio si scontrano con la paura di interi settori produttivi di essere sacrificati. Non a caso, di queste proteste si parla molto su alcune testate internazionali e quasi per nulla su altre, a conferma di una narrazione selettiva delle tensioni sociali europee.
Dal Mediterraneo orientale arriva invece una cronaca che non ha bisogno di mediazioni. A Gaza si muore anche di freddo: la storia del piccolo Mohammed, morto per le condizioni estreme di inverno e sfollamento, diventa simbolo di una “nuova normalità” fatta di precarietà assoluta. Un editoriale palestinese parla senza giri di parole di un volto ormai stabilizzato dell’orrore, dove l’emergenza è diventata condizione permanente.
Infine Gerusalemme, dove una rivolta ultraortodossa provoca il ferimento di tredici poliziotti e l’uso di gas lacrimogeni. Anche qui la cronaca locale rimanda a una tensione più profonda: il conflitto tra autorità statale, identità religiose e gestione dello spazio pubblico in una città che resta uno dei nodi irrisolti del Medio Oriente.
Messi insieme, questi frammenti raccontano un mondo attraversato da crisi diverse ma connesse. La violenza armata, le scelte economiche, le guerre aperte e quelle commerciali, le proteste sociali e le tragedie umanitarie non sono episodi isolati, ma segnali di un sistema globale sotto pressione, incapace di trovare un equilibrio stabile tra sicurezza, diritti e giustizia.





