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Il cda di MPS ha rinnovato la fiducia a Luigi Lovaglio in un momento delicato, segnato da un’inchiesta che riguarda la scalata a Mediobanca. È un gesto comprensibile per garantire continuità interna, ma non basta a dissipare i dubbi che accompagnano questa operazione.
La vicenda va infatti oltre il destino di un amministratore delegato. L’integrazione tra MPS e Mediobanca, e il possibile effetto domino su Generali, apre uno scenario in cui non è solo una banca a cambiare, ma l’intero assetto del capitalismo finanziario italiano. Se attraverso Mediobanca si arrivasse a influenzare Generali, si creerebbe un polo bancario-assicurativo molto forte, capace di incidere su risparmio, investimenti e asset strategici del Paese.
Le autorità stanno valutando l’ipotesi di un “concerto” tra MPS e alcuni grandi soci privati. Se venisse provato, potrebbero scattare misure pesanti, perfino un’OPA obbligatoria su Generali. Ma perché ciò accada servono evidenze concrete: documenti, coordinamenti formali, prove di un’azione comune. Al momento non ci sono certezze, solo un rischio aperto.
Il punto vero è un altro: queste operazioni, per dimensione e implicazioni, richiedono una trasparenza assoluta. Non basta l’autovalutazione del cda. Il sistema deve poter distinguere in modo netto tra iniziativa industriale e eccesso di potere, tra crescita e concentrazione, tra strategia e opacità.
Questa vicenda ci ricorda che la tutela del risparmio non è un fatto tecnico, ma politico. E che quando pochi soggetti possono influenzare banche e assicurazioni insieme, vigilanza e chiarezza non sono optional: sono una garanzia per tutti.





