Il Punto 08/11/2022
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9 Novembre 2022
di Gian Antonio Stella
Saeed Piramoon è un calciatore straordinario. Certo, non ha il tiro di Ronaldo, il dribbling di Messi, l’istinto del gol di Lewandowski… Quanto a coraggio però li straccia tutti. Perché il gesto che ha fatto a Dubai, mimando il gesto di tagliarsi una ciocca di capelli per sostenere la battaglia campale delle donne iraniane dopo l’assassinio di Mahsa Amini uccisa dalla polizia religiosa perché non portava correttamente il velo, può costargli carissimo. La sua federazione ha già detto: sarà punito. Come? C’è da avere i brividi. Era in diretta tivù davanti a milioni di persiani appassionati di calcio e troppo indifferenti al resto a partire dai diritti civili, portava i colori della nazionale di Teheran nella finale di Beach Soccer (variante sabbiosa dell’amato football), aveva appena segnato il gol della vittoria contro i brasiliani (i brasiliani!) cresciuti giocando sulla spiaggia di Copacabana e lui che fa? Guasta la festa a tutti, dai telecronisti ai dirigenti televisivi precipitatisi a chiudere la diretta fino ai telespettatori con quel gesto di formidabile e scandalosa solidarietà con le donne in piazza contro il fanatismo machista spacciato per devozione religiosa.
Uno scandalo, per la guida suprema Alì Khamenei e i suoi più esagitati guardiani del «decoro». Tanto più che prima che la partita iniziasse i giocatori avevano già seguito l’inno nazionale iraniano ostentatamente muti: un silenzio più assordante di mille boati. E il gesto collettivo di dissenso era arrivato nella scia di altri episodi legati ai calcio. Come l’incriminazione di Ali Karimi, «il Maradona d’Asia» reo per le autorità persiane d’avere «incoraggiato» le donne in piazza con vari messaggi sul suo profilo Instagram da 13 milioni di follower. O l’incarcerazione due settimane fa di Ali Daei, l’ex capitano e bomber (secondo solo a Cristiano Ronaldo per gol in nazionale) simbolo del calcio iraniano, accusato di avere partecipato a una manifestazione a Saqqez, la città natale di Masha Amini. Per non dire delle decennali polemiche sul divieto alle donne di accedere agli stadi e sul film Offside del regista Jafar Panahi… Ecco, sarebbe bello se una briciola del coraggio di Saeed Piramoon fosse raccolta dai divi del calcio ai mondiali in Qatar. Una ciocca di capelli e anche il baraccone del Football Business potrebbe dare un piccolo segnale di riscatto.