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1 Aprile 2023Una minaccia alla verità storica
1 Aprile 2023
di Massimo Franco
Le frasi del presidente del Senato, Ignazio La Russa, sulla strage di via Rasella che provocò per rappresaglia l’eccidio delle Fosse ardeatine, possono anche essere classificate come parole in libertà. Sostenere che l’attentato dei partigiani fu «una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza», è discutibile perfino nel senso che se ne può discutere. Aggiungere che i tedeschi uccisi a Roma nel marzo 1944 erano una «banda musicale di semipensionati e non nazisti delle SS», è inquietante. E la presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, gli ha ricordato la verità storica. Ma l’intervista rilasciata dalla seconda carica dello Stato al podcast di Libero Quotidiano rischia di alimentare un filone che ha come protagonisti esponenti della destra. E mostra una tendenza a trovare, non si capisce se volutamente, occasioni di scontro in nome di una narrativa alternativa coltivata per decenni ma mai elaborata. Lo stesso fanno, si dirà, le opposizioni del M5S di Giuseppe Conte e del Pd di Elly Schlein con il loro estremismo antigovernativo. Ruolo e peso politico sono diversi, però, come i temi trattati e gli effetti prodotti. Il primo, paradossale, è di rianimare polemiche che l’opinione pubblica ha dimostrato di non ritenere importanti; e che gli stessi avversari non hanno sollevato più di tanto dopo il voto del 25 settembre. Si finisce dunque per creare a freddo contrapposizioni artificiose e laceranti. Il secondo effetto è di proiettare l’immagine di una maggioranza in preda alla voglia di riscrivere il passato remoto: nonostante la funzione di governo che dovrebbe spingere a unire. L’ulteriore conseguenza, poco notata, è che rivangare gli anni del fascismo con affermazioni del genere finisce per danneggiare lo sforzo di legittimazione compiuto e riuscito della premier Giorgia Meloni; e la percezione dell’Italia in Europa. Se a questo si aggiungono iniziative strampalate come le multe per chi usa parole straniere, proposte da Fabio Rampelli, di FdI, la sensazione di stupore cresce: anche perché Giorgia Meloni, quando si insediò, si definì con autoironia una «underdog», termine inglese che significa più o meno candidata a perdere. Non solo. È stato l’attuale esecutivo a creare un ministero per il «Made in Italy», affidato a Francesco Lollobrigida, vicinissimo politicamente a Palazzo Chigi: altra espressione «forestiera» da multare, secondo Rampelli e i parlamentari del suo partito che hanno sottoscritto la proposta. Non risulta che nel colloquio cordiale e approfondito che ieri il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e la premier hanno avuto, si sia parlato anche di questo. Probabilmente l’argomento creerebbe disagio, se non altro, a entrambi.