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21 Dicembre 2022Effetto Qatargate, il Pd crolla sotto al 15% “Anticipiamo le primarie o sarà una débâcle”
21 Dicembre 2022La Nota
di Massimo Franco
Le ombre dello scandalo europeo per le mazzette di Qatar e Marocco continuano a allungarsi sulla sinistra: anche se non si capisce bene né fino a dove arriveranno, né se toccheranno altre forze politiche. Di certo, segnano negativamente l’immagine della nomenklatura italiana a Bruxelles. E pongono in prospettiva una questione di credibilità delle istituzioni continentali in una fase in cui compattezza e affidabilità appaiono essenziali per continuare a fronteggiare le conseguenze dell’aggressione russa all’Ucraina.
Il fatto che si tratti di una corruzione programmata e attuata da Stati tanto ricchi di denaro quanto scarsi in tema di democrazia è preoccupante: soprattutto perché mostra la debolezza degli anticorpi europei e la facilità con la quale le istituzioni e le forze politiche possono essere infiltrate e corrotte. Il problema è che queste degenerazioni, in Italia, si aggiungono alle incognite di una crisi del Pd aggravatasi dopo la sconfitta elettorale del 25 settembre: in termini di identità e di leadership. E promettono di accompagnarlo nei prossimi mesi.
Si proiettano sul prossimo congresso di febbraio insieme a sondaggi deprimenti e a voci di scissione che stanno diventando un rumore di fondo sempre più fastidioso. Rischiano di diventare un moltiplicatore delle tensioni interne, rendendo vano qualunque tentativo di evitare le spinte centrifughe in atto. È una situazione che oscura i dissidi nella maggioranza di governo, alle prese con una manovra finanziaria da chiudere rapidamente per evitare l’esercizio provvisorio. E permette alla destra di evocare la «questione morale» stavolta, chiamando in causa in questa vicenda in primo luogo la sinistra.
La frattura tra la componente degli ex Popolari e degli ex comunisti non sembra destinata a saldarsi in modo indolore. Anzi, potrebbe aggravarsi. A Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi fino al 2002, che ha minacciato l’uscita dal Pd della componente cattolica se cambia l’impostazione politica del partito, ieri ha risposto ruvidamente l’ex comunista Goffredo Bettini. «Scissioni? C’è un congresso e chi perde non si ingrugna. Io ho in testa un nuovo partito della sinistra, socialista e europeo», ha detto, lasciando poco spazio non solo a una mediazione ma a una ricomposizione.
Le contraddizioni che il potere ha velato e diplomatizzato per anni, all’opposizione esplodono. Per il segretario uscente, Enrico Letta, non è attraente la prospettiva di consegnare un partito diviso, e magari sconfitto anche nel Lazio e in Lombardia. La vicenda dei soldi qatarini e marocchini può «sporcare l’impegno dell’Ue», dice Letta. E attribuisce alla premier Giorgia Meloni un’operazione politica: «Il rischio è che nel 2024 Ppe e forze di destra antieuropea diventino maggioranza nelle istituzioni» di Bruxelles. Stefano Bonaccini, il più accreditato a succedergli, teme «l’irrilevanza» del Pd. Un presagio di disfatta, per la sinistra.