di Wlodek Goldkorn
In occasione del centenario della nascita taccuini, collage e versi mai pubblicati saranno esposti al Museo d’arte contemporanea
Villa Croce di Genova
Eccoli in anteprima
Visitare la mostra La Gioia di scrivere, dedicata a Wislawa Szymborska (dal 15 giugno al 3 settembre) in occasione del centenario della nascita della Nobel per la Letteratura, è come entrare nella cucina di un grande chef e scoprire i segreti alla base della creazione — in questo caso non delle pietanze, Szymborska peraltro non amava cucinare — ma dei processi che portavano alla scrittura delle poesie, adorate sia dalla raffinata critica che dal vasto pubblico. Era una specie di maga, la poeta, perché nei suoi versi la trascendenza nasce dalla quotidianità, dai gesti che non evocano una dimensione profetica ma la vita di ogni giorno, adoperando parole in apparenza semplici ma precise, che messe l’una dopo l’altra creano un’aura di laicissima sacralità.
Nel percorso fra le sale di Villa Croce a Genova — sede della mostra curata da Sergio Maifredi con la decisiva consulenza dei polonisti Andrea Ceccherelli e Luigi Marinelli — si possono vedere i taccuini di Szymborska, i dattiloscritti e manoscritti di poesie inedite, le lettere, i collage che produceva in grande quantità, oltre a fotografie e video che documentano vita e amicizie. E poi, ci sono spazi dedicati al rapporto fra Szymborska e l’Italia e alle frasi e aforismi che tante volte vediamo citati sui social media, segno dell’irriflessiva perché spontanea identificazione dei lettori con l’autrice. Infatti, dice il professor Marinelli, la mostra è destinata a un pubblico vasto, perfino a chi per la prima volta voglia affacciarsi al mondo della poesia. Szymborska permette anche questo: la meravigliosa e anarchica assenza delle gerarchie dei saperi. O almeno così sembra, perché c’è pure una sua frase celebre: «la poesia inizia là dove finisce l’ovvietà».
Ma procediamo con ordine. A partire dai taccuini. Spiega Michal Rusinek, per anni l’assistente di Szymborska, che le sue poesie spesso nascevano proprio dai taccuini. E qui siamo davvero all’interno della metaforica cucina. La poeta dunque annotava frasi che le venivano in mente, per poi usarle ad anni di distanza. E si vedono parole scritte talvolta a penna, altre volte a matita, con una grafia che tradisce una certa fretta, come se avesse paura di dimenticarle prima che fossero riversate su quel pezzo di carta. Due esempi, il primo di ordine letterario: «Per la verità, la morte è un tema facile. (…) La vita ha molti più dettagli » . Il secondo, che riporta alla concretezza del corpo: « Mano = 27 ossa, 35 muscoli » . Alcune frasi sono cancellate, subito dopo averne fatto uso. Scriveva in genere a macchina e mentre si metteva a lavorare sapeva già che cosa voleva scrivere. Aggiunge l’ex segretario: « Il ritmo delle frasi era regolato dal ritmo del respiro, e siccome era una fumatrice accanita (un giorno un amico le disse di aver smesso di fumare e lei reagì: hai deciso forse di non morire?) con il passare degli anni il ritmo si faceva sempre più affannoso».
Szymborska era affascinata dagli artigiani e dai bricoleur, dalla poesia del gesto delle mani. Ma anche dagli oggetti, soprattutto gli oggetti inutili, le cianfrusaglie (dal titolo della biografia a cura di Anna Bikont e Joanna Szczesna, Adelphi). Usava le cianfrusaglie come premi delle lotterie che organizzava a casa. Fra le cose inutili c’erano le cartoline, le foto e immagini ritagliate dai giornali. E così a Genova si possono vedere ottantacinque collage. Ne ha prodotti, sempre secondo Rusinek, molti più di diecimila. Li mandavaper fare gli auguri in occasione delle feste, dei compleanni o onomastici agli amici. Non si sa quanti si sono salvati, molti di quelli in mostra sono della collezione di Jaroslaw Mikolajewski, poeta e traduttore di Dante e Leopardi. In uno di questi si ammirano tre lati B con la scritta « i dettagli del concorso a pagina 43». In un altro: un intellettuale con la faccia pensosa dice: «Personalmente sono del parere che l’autore diLe nozze è Wyspianski», citando un testo fondamentale della letteratura polacca il cui autore è conosciuto a chiunque abbia fatto la scuola media. E c’è anche un Dio sul divano da psicoanalista. Spiega Marinelli: «I collage sono parte integrante del laboratorio poetico, non certo uno svago». Vedere per capire.
Le poesie infine, inedite in Italia (in Polonia alcune sono state pubblicate pochi mesi fa) e tradotte da Ceccherelli, documentano il percorso, anche politico, di Szymborska. Figlia di un padre militante della destra, dopo la Seconda guerra mondiale aderisce al Partito comunista. Le sue prime poesie di quel periodo, segnate dalla visione marxista-leninista del mondo, erano « di modesto valore » , secondo il suo primo marito, Adam Wlodek, pure lui allora comunista. In una di queste racconta il figlio di un proprietario di una fabbrica che decide di unirsi alla classe operaia. Ma poi ce n’è un’altra, non datata e senza titolo, forse del 1968 o 1969. Erano gli anni della campagna antisemita scatenata dal regime comunista e che portò all’esilio migliaia di ebrei, fra i quali poeti e scrittori ( in servizio, e nel divenire lontano dalla Polonia e talvolta in lingua straniera). Ecco, i versi di Szymborska: «La poesia polacca più bella degli ultimi anni./ L’autore è sconosciuto. (…) La poesia polacca più bella degli ultimi anni (…) ora la si può leggere controluce / a Vienna / a Toronto, /a Haifa, / ad Amsterdam. / Come accade con la vera poesia/ è difficile da tradurre nella foglia di un’altra betulla / di un altro cimitero » . Lei lasciò il Partito già nel 1966, da convinta democratica. Molto belle le lettere a Kornel Filipowicz, il suo grande amore, scrittore pure lui. Gli scrive dalle vacanze solitarie, sempre nel 1968: «E non ti preoccupare per i soldi, facciamo un furtarello e via! Ma non spenderli per me, per favore » . E in una nota a piè di pagina aggiunge: «per ora, altra cosa sarà quando avrai vinto il Premio Nobel!». Il Nobel l’ha avuto lei.
La mostra, dice il curatore Maifredi, è anche un omaggio a Pietro Marchesani, polonista geniale, professore all’università di Genova, scomparso nel 2011 e che, secondo la stessa poeta, l’aveva resa famosa in Italia. Da non perdere lo spettacolo Ascolta come mi batte forte il tuo cuore, dove Maddalena Crippa recita i versi di Szymborska.