
Atreju e Fratelli d’Italia: come un personaggio della “Storia infinita” è diventato un simbolo politico
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A guardarlo con un minimo di distacco, il duello fra Elly Schlein e Giorgia Meloni somiglia sempre più a una scena costruita per rafforzare entrambe, più che per chiarire al Paese quale sia l’alternativa politica in campo. Schlein cerca visibilità e un’identità riconoscibile; Meloni sfrutta la contrapposizione per consolidare il proprio ruolo di leader dominante. Ne esce una polarizzazione utile alle protagoniste, ma povera di contenuti.
L’Assemblea del PD ha offerto un’immagine eloquente: partecipazione scarsa, tensioni interne, una maggioranza allargata più per necessità che per convinzione e un voto dai numeri esigui. Il pluralismo evocato dalla segretaria non trova vere forme di espressione. Gli interventi critici – Picierno, Malpezzi, Quartapelle, Zampa – indicano un disagio che resta irrisolto, mentre la promessa di maggiore collegialità sembra un aggiustamento più retorico che sostanziale. Rivendicare competitività elettorale, nelle condizioni attuali, appare più come un auspicio che come un dato politico.
Sul fronte opposto, Meloni trasforma Atreju in una passerella narrativa che anticipa la campagna elettorale. Ironia, battute, affondi mirati: ogni elemento serve a consolidare un’immagine di leadership sicura e a dettare l’agenda mediatica. Le differenze con la sinistra vengono enfatizzate, le tensioni nella maggioranza ridotte a rumore di fondo, mentre si rilancia senza esitazione il pacchetto di riforme istituzionali. È un linguaggio pensato per mobilitare la base e occupare lo spazio pubblico più che per aprire un confronto reale.
Il risultato è un copione in cui ciascuna leader trae vantaggio dalla dialettica, senza però offrire un confronto sui nodi concreti del Paese: salari stagnanti, inflazione, servizi in affanno, crisi sociale. La politica, così, rischia di ridursi a un gioco di contrapposizioni, un teatro in cui i protagonisti brillano ma i cittadini restano spettatori passivi.
In questo senso, sì: il duello è più un meccanismo di rafforzamento reciproco che un vero confronto di idee. E mentre la scena resta animata, il Paese rimane sullo sfondo, in attesa di risposte che ancora non arrivano.





