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1 Marzo 2024Comunità ebraica-Pd
di Franco Camarlinghi
«Isolati, accusati, nemici quasi, nella nostra città». Così il presidente Enrico Fink descrive il sentimento della Comunità ebraica di Firenze, dopo l’incontro di sabato voluto da Luca Milani, presidente del Consiglio comunale, su Pace e giustizia in Medio Oriente. Da decenni è la prima volta che avviene uno strappo così drammatico nelle relazioni fra la Comunità e Palazzo Vecchio e da decenni quest’ultimo significa centrosinistra. Del resto, la maggioranza della Comunità ebraica è apparsa nel corso del tempo vicina alle posizioni del centrosinistra e questo ha rappresentato un fatto importante per tale schieramento politico. Oggi è la destra che in Palazzo Vecchio insorge contro l’umiliazione inflitta agli ebrei, sabato, nel Salone dei Cinquecento. Ma cosa è avvenuto? O una colossale mancanza di senso della realtà, un’inimmaginabile dose accresciuta di ingenuità, o invece qualcosa che ferisce davvero con forza non solo la Comunità ebraica, ma anche tutti coloro che hanno fatto in tempo a imparare che Shoah e Genocidio non si usano ad libitum . Non sono queste le righe in cui si possano approfondire tali questioni, basti ricordare, ad esempio, l’affermazione di un grande storico: la Shoah è l’unico esito voluto e realizzato da qualcuno che tale lo aveva descritto, vent’anni prima, in un libretto che si chiamava Mein Kampf . Non ce ne sono altri, che si sappia, né in Israele, né altrove.
Con tutta la buona volontà, è difficile supporre che possa succedere qualcosa di diverso da quello che Fink descrive nella sua lettera (indirizzata fra gli altri a Dario Nardella), se si organizza una cosa come quella di sabato, chiamando personalità che più caratterizzate, per antagonismo o dichiarata avversione nei riguardi di Israele, non potrebbero essere. Si mettono, poi, di fronte a una platea che non aspetta altro che partecipare a una manifestazione contro gli odiati sionisti, ammesso che qualcuno sappia di che si tratta. Per sdrammatizzare, a occhio e croce si devono anche essere dimenticati che normalmente il sabato gli ebrei non partecipano: perlomeno nel marzo del 1994 il super cattolico Scalfaro spostò la data delle politiche per non turbare la Pasqua ebraica.
Descritti gli antefatti, conviene affrontare solo un paio di questioni. Lo strappo di cui si parla dovrebbe preoccupare il centrosinistra e in particolare il Pd. Non per un problema politico usuale: gli ebrei fiorentini non sono una massa straripante di elettori, restano da tempo intorno alle mille persone, ma la loro Comunità ha un valore morale che non si definisce contando chi ne fa parte. Si torna allora al peso della storia e di quello che questa consegna a un popolo che ha il suo Stato laddove scorre il Giordano: una conquista dopo secoli di imparagonabili sofferenze che mantiene un valore ideale e insieme concreto anche sulle rive dell’Arno. Niente impedisce di giudicare negativamente il governo di prima e di ora guidato da Bibi: i primi a farlo sono gran parte degli israeliani. E niente può far velo sulle drammatiche sofferenze a cui sono sottoposti i palestinesi e, a nessuno che pure la pensi diversamente, può venire in mente di impedire che chi vuole manifesti quel che vuole. Di fronte però all’ondata di antisemitismo, comunque mascherato che ad ogni tornante della storia rialza il capo, talora in maniera consapevole, più spesso figlio di un confuso spirito del tempo (per gli ebrei sembra eterno), di fronte a questo le istituzioni hanno il dovere di opporsi, sempre. Si può avere ogni apertura a posizioni critiche, ma il Consiglio comunale che rappresenta i fiorentini, tutti noi, non può far diventare un dibattito una manifestazione contro l’esistenza di Israele: a quello ci pensano già Hamas, l’Iran, Hezbollah e via di seguito.
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