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3 Agosto 2022Un «ritorno alla normalità»: potrebbe essere questo il senso della 79a edizione della Mostra del Cinema di Venezia (31 agosto-10 settembre), che pure non si è mai arresa di fronte alla pandemia. Ma stavolta – nonostante, come sappiamo, il virus non è certo scomparso – non ci saranno restrizioni di viaggio né problematiche legate a vaccini, tamponi e green pass. Certo, alcuni processi che si sono innescati in questi due anni si riflettono nei titoli annunciati ieri dal direttore artistico Alberto Barbera, giunto alla sua decima edizione. Dal festival manca completamente la Cina, ad esempio, così come la crisi geopolitica ha tenuto lontano dal programma gli autori russi. Contemporaneamente hanno sempre più peso i servizi di streaming, con Netflix che per la prima volta presenta il film di apertura, White Noise di Noah Baumbach, incluso anche nel concorso. In un bilancio complessivo però non mancano alcune scelte coraggiose, insieme ai nomi noti e alle opere prime.
Immergendoci nei 23 film in competizione, possiamo notare la conferma di alcuni dei titoli già «chiacchierati», su tutti Bones and all di Luca Guadagnino. Girato nel Midwest con Timothée Chalamet – collaborazione già testata in Chiamami col tuo nome – e Taylor Russell, vedrà due amanti cannibali viaggiare negli Stati Uniti, promette Barbera che si tratta del lavoro «di un non americano più profondo e credibile sull’America dei margini».
GLI ALTRI italiani – 5 in totale in concorso, quante le cineaste donne – sono Emanuele Crialese, che torna dopo undici anni con L’immensità, dramma su un matrimonio finito ambientato negli anni ’70 a Roma con Penélope Cruz. C’è poi Gianni Amelio con Il signore delle formiche, un film sul caso Braibanti – importante rievocarlo oggi, anche per riconsiderare la cultura in Italia di allora e di ora – prodotto da Bellocchio. Andrea Pallaoro, regista che lavora molto negli Usa, presenta Monica, protagonista l’attrice trans Trace Lysette. Infine Susanna Nicchiarelli prosegue nei suoi ritratti di donne con Chiara, dedicato alla santa vicina a Francesco d’Assisi.
LE SCELTE coraggiose e da incoraggiare a cui si faceva riferimento riguardano invece l’avvicinamento del mondo del documentario al concorso. Sono stati infatti inclusi due registi che provengono da lì, seppure con due lavori di fiction. Frederick Wiseman, già Leone d’oro alla Carriera, presenterà Un couple, con Nathalie Boutefeu, sulla corrispondenza tra Tolstoj e sua moglie. Alice Diop ha lavorato invece sul processo ad una madre che ha messo fine alla vita della figlia, tema tristemente attuale. Una gradita eccezione quella di Laura Poitras, è infatti rientrato nel concorso il suo doc sull’attivista newyorchese Nan Goldin.
Tra gli altri titoli avevamo già segnalato il film del regista iraniano Jafar Panahi, attualmente imprigionato – anche Barbera e la Mostra si uniscono all’appello per la sua liberazione. No Bears è uno dei quattro lavori iraniani in programma – in concorso anche Vahid Jalilvand – sembra infatti che l’oscurantismo del regime non stia bloccando i filmmaker ma piuttosto offrendo ragioni per mostrare una realtà difficile attraverso il cinema. Tra i film che ci si attendeva già da tempo, il ritorno di Alejandro Gonzalez Iñarritu, con un lavoro che si presenta come fortemente personale, Bardo, e il film biografico su Marilyn Monroe di Andrew Dominik, entrambi targati Netflix. Un altro ritorno a Venezia è quello di Darren Aronofsky con un lavoro tratto da un testo teatrale girato in una stanza, The Whale. Da un testo drammatico viene anche il film di Florian Zeller, che dopo The father presenta The son, con Hugh Jackman e Laura Dern. Da segnalare in
fine il cinema familiare del giapponese Koji Fukada, il suo Love Life sarà nelle sale dal 15 settembre grazie a Teodora Film.
SONO MOLTE poi le visioni da non perdere tra quelle Fuori concorso. Attesissimo Dead for a Dollar, il nuovo western di Walter Hill con Christoph Waltz e Willem Dafoe. Una sorpresa il film postumo di Kim Ki-duk, Call of God, di cui il regista aveva appena iniziato il montaggio prima di morire. Un gradito ritorno è quello di Paul Schrader, quest’anno Leone d’oro alla Carriera, con Master Gardener, mentre un evento atteso da tempo è Gli ultimi giorni dell’umanità, il film di enrico ghezzi realizzato con Alessandro Gagliardi, un montaggio su materiali girati nel corso di molti anni. Il filippino Lav Diaz presenta un film più compatto del solito, When the waves are gone; Gianfranco Rosi si è misurato con un lavoro su commissione sui viaggi di Papa Francesco; Evgeny Afineevsky porta un lavoro sulla guerra in Ucraina, filmato dallo scoppio del conflitto, mentre Sergei Loznitsa ha realizzato un nuovo film sui materiali d’archivio del processo contro i gerarchi nazisti che hanno sterminato gli ebrei ucraini. Tra gli italiani Virzì con un nutrito cast (Pandolfi, Orlando, Mastandrea, Ragno, Tortora) e Benedetta Argentieri che ha intervistato le donne dell’Isis. Infine, Oliver Stone presenterà un documentario apologetico sull’energia nucleare di cui non si sentiva certo il bisogno. Da segnalare le due serie, presentate integralmente: la terza stagione di Kingdom Exodus di Lars Von Trier e un lavoro noir di Nicolas Winding Refn. Chiudono il programma la sezione Orizzonti e Orizzonti Extra, dove si incontrano molte opere prime e registi in cerca dell’affermazione come Fulvio Risuleo, oltre al ritorno di Isabelle Huppert in La syndicaliste di Jean-Paul Salomé. Menzione finale per la sezione Venezia Classics, che riaccogliamo dopo due anni, accanto ai restauri già annunciati ci saranno numerosi doc sul cinema: aspettiamo K.D Davison su Jonas Mekas e Cyril Leuthy su Godard.