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10 Gennaio 2024L’ammuina del Pd sulla guerra
11 Gennaio 2024
Schlein per l’astensione, ma 3 votano con la maggioranza. Guerini: non potevo che fare così
M.T.M.
ROMA In Parlamento si discute (e si vota) sulla proroga degli aiuti militari all’Ucraina, in attesa del decreto. Il protagonista dovrebbe essere Guido Crosetto. Ma il Pd gli ruba la scena. Il ministro della Difesa spiega che il sostegno a Kiev resta «forte e inalterato» , aggiunge che il «punto di arrivo è la pace» e ottiene la maggioranza, sia alla Camera che al Senato, per il documento presentato dal governo.
Tutto regolare, finché non va in scena il «travaglio» (qualche dem lo chiama «lo psicodramma») del Partito democratico. I pd la sera prima si sono messi d’accordo con il Terzo polo e +Europa per una risoluzione comune. La mattina dopo cambiano idea. Presenteranno un loro documento. Nell’opposizione vige la regola dell’«ognuno per sé». I dem hanno trattato anche con il governo. Ma non si è giunti a un’intesa. Meloni non poteva accettare la critica della risoluzione pd all’Orbán filo-putinista, perciò cade l’ipotesi, ventilata il giorno prima, di uno scambio di reciproci voti favorevoli. Ci si limiterà all’astensione.
Schlein a quel punto decide che sarà proprio l’astensione la cifra del Pd: sulla mozione della maggioranza, su quella del Terzo polo e su quella del M5S, che chiede lo stop delle armi all’Ucraina. Dopo le trattative, le chiacchiere e gli alterchi si arriva al voto. I 5 Stelle chiedono che si proceda per parti separate. Un’insidia nei confronti dei dem, che però non vogliono litigare con il futuribile alleato.
Anche a costo di dividersi. Cosa che puntualmente avviene. Il punto della mozione di maggioranza in cui si assicurano le armi all’Ucraina viene votato da Lorenzo Guerini, Lia Quartapelle e Marianna Madia, nonostante l’astensione del resto del partito. Il presidente del Copasir ai colleghi che lo interrogano spiega: «Io da ministro della Difesa ho fatto cinque degli otto decreti per Kiev, vi pare che potevo astenermi? In questo caso avreste fatto bene a chiamare la Croce rossa».
Ma non finisce qui. Si passa a votare le altre mozioni. Su quella del Terzo polo il Pd si astiene. Guerini, Quartapelle e Madia votano a favore. «Era simile alla nostra», spiega l’ex ministro della Difesa. Finalmente arriva la risoluzione di cui Conte è tanto fiero, quella del M5S. Anche questa viene votata per parti separate. La richiesta di non mandare più armi a Zelensky per difendersi da Putin è già decaduta, visto che tra voti favorevoli e astensioni sono già passate le mozioni, a cominciare da quella della maggioranza, che ribadivano il sostegno militare a Kiev. Ma ci sono altri punti su cui il Pd si divide. Sempre Guerini, Quartapelle e Madia non votano la richiesta di abbassare le spese militari. E al momento del voto finale di quel documento di eclissano.
Loro esplicitano il disagio. Altri (molti) mugugnano ma si adeguano. L’imbarazzo dem per l’astensione sui 5 Stelle è grande. E infatti quando la discussione arriva al Senato, Alessandro Alfieri (area Bonaccini) dà una sterzata. Va bene l’astensione sulla risoluzione di maggioranza (benché Parrini, Sensi, Malpezzi, Valente e Tatjana Rojc votino a favore di alcuni punti di quel testo), ma accompagnata da un suo «voteremo il decreto», quindi cambio di rotta: i dem si esprimono a favore della risoluzione del Terzo polo e contribuiscono alla mancata votazione della mozione M5S, che decade sotto la selva dei no all’ipotesi di abbandonare l’Ucraina. Però, per mantenere l’attenzione sul Pd desta, Susanna Camusso non vota neanche il documento dem (troppo guerrafondaio).
Nel tardo pomeriggio tocca al responsabile Esteri del Pd Beppe Provenzano spiegare un voto che nemmeno i parlamentari del Pd hanno capito.