ROMA
È servito il voto del presidente della Commissione Finanze, il leghista Massimo Garavaglia, ma anche l’assenza decisiva del senatore delle Autonomie Pietro Patton e il contributo della renziana Dafne Musolino per evitare che la spaccatura nella maggioranza sul superbonus si trasformasse in una vera e propria crisi di governo a causa del mancato sì di Forza Italia all’emendamento proposto dall’Esecutivo. Una rottura che non avrà conseguenze oggi in occasione del voto in Aula del provvedimento. Antonio Tajani ha già dato ampie rassicurazioni. Il leader azzurro rivendica di aver ottenuto il rinvio al 1 luglio 2025 della Sugar Tax («l’abbiamo spuntata») e allo stesso tempo ammette la sconfitta sul superbonus: «Rimane l’effetto retroattivo perché i nostri emendamenti sono stati bocciati in commissione, mi spiace e penso che sia un errore».
Per tutto il giorno vanno avanti confronti ristretti tra il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, Garavaglia e il capogruppo di Fi, Maurizio Gasparri. Dall’Economia però non ci sono aperture. Il costo «devastante» del superbonus non consente altre deroghe. Giorgetti paragona il superbonus a una droga economica» da cui bisogna uscire. Interviene anche Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e soprattutto braccio destro della premier: «La linea del governo è quella della serietà. C’è poco da fare. Non possiamo mandare in sofferenza la nazione per il provvedimento del Superbonus». :Ma siamo nel pieno della campagna elettorale. Forza Italia stavolta decide di non tornare suoi suo passi e conferma di non voler votare l’emendamento del governo che fa scattare la retroattività.
La tensione sale e si tenta di trovare un paracadute aumentando il numero dei senatori della maggioranza in Commissione Finanze da 10 a 11. Il senatore che arriva in soccorso è Salvo Sallemi di FdI che, come riporta una comunicazione del capogruppo Lucio Malan, «cessa di far parte della 2a commissione Giustizia ed entra a far parte come membro della 6a commissione Finanze». L’opposizione protesta. «La maggioranza sta sempre di più portando istituzioni e Paese sulla strada di Orban», attacca il capogruppo dem a Palazzo Madama, Francesco Boccia. «È una cosa che si può fare ma non la fai alla vigilia del voto e andrebbe comunicata all’aula nella prima seduta utile», continuano a ripetere i senatori dell’opposizione. Tocca a quel punto al presidente del Senato, Ignazio La Russa, intervenire e prendere posizione: «È una cosa che appartiene alla volontà dei gruppi. Se c’è una richiesta è un fatto automatico, non c’è discrezionalità da parte mia», spiega La Russa aggiungendo che il passaggio avverrà dall’indomani: «oggi non muta nessun componente delle commissioni, eventualmente potrà modificarsi, ma non nella votazione». È a quel punto che arriva il contributo di Patton. Il senatore delle Autonomie decide di abbandonare i lavori. La maggioranza tira un sospiro di sollievo. Nel frattempo è arrivata anche la disponibilità di Italia Viva. Un voto in più determinante come dirà Garavaglia rivolto a Gasparri: «È passato nonostante Forza Italia, grazie al voto del presidente e di Italia Viva».