Allarme dei sindacati. Tra le misure allo studio il taglio del 10% delle buste paga ma anche meno turni e produzioni. Scholz: “Si tutelino i lavoratori”. L’azienda tace
BERLINO — All’uscita della stazione di Wolfsburg, c’è la statua di bronzo di un operaio italiano. Un omaggio alla più importante comunità di Gastarbeiter che contribuì nel dopoguerra a ricostruire la ‘macchina del popolo’ Volkswagen. E ieri è toccato alla figlia di uno di quegli emigrati calabresi, Daniela Cavallo, denunciare la micidiale crisi di quel marchio, epicentro di una bufera più ampia che sta travolgendo il maggiore gruppo automobilistico europeo.
Una “Autodaemmerung”, un crepuscolo dell’auto, che difficilmente resterà confinato entro i gloriosi cancelli delle fabbriche-simbolo dell’operosità tedesca. E sembra anche un segno dei tempi, una metonimia della più ampia crisi che sta ingolfando la maggiore economia europea. Se Vw chiudesse una fabbrica in Germania, sarebbe la prima volta nella sua storia di quasi un secolo.
Cavallo, capa del Consiglio di fabbrica, ha rivelato ieri mattina il piano dei vertici di tagliare decine di migliaia di posti di lavoro, «almeno tre stabilimenti», il dieci per cento in media alle buste paga, i bonus e le una tantum, e l’intenzione di ridurre turni e linee di produzione. Ma l’italiana ha avvertito che i vertici avrebbero intenzione di «ridimensionare tutti gli stabilimenti». Insomma: «nessuno è più al sicuro». Tutto il gruppo che riunisce Porsche, Audi e altri marchi storici è in difficoltà, ma la crisi riguarderebbe soprattutto Volkswagen. E secondo indiscrezioni, gli stabilimenti in bilico sarebbero Emden e Zwickau, ma anche fabbriche più piccole come Osnabrueck e Dresda. Cavallo ha già annunciato battaglia: attenzione al rischio «escalation», ha ruggito davanti agli operai. Nei mesi scorsi, l’italiana aveva già puntato il dito contro «la mancanza di un piano complessivo», per il rilancio del gruppo,stretto tra la concorrenza cinese e l’aumento vertiginoso del costo del lavoro. Ma Arno Antlitz, direttore finanziario Vw, aveva parlato di 500 mila vetture in eccesso prodotte in Europa, e 300 mila del marchio ‘core’. E aveva già minacciato la chiusura di due dei dieci stabilimenti tedeschi. A settembre, in una sorta di prodromo della catastrofe, Wolfsburg aveva decretato a fine della trentennale Jobgarantie, la tregua occupazionale: dal 2025 i licenziamenti saranno di nuovo possibili. In Germania, Vw impiega 120 mila lavoratori. Da anni anche i governi tedeschi di ogni colore avvertono vertici Vw che stanno accumulando mostruosi e colpevoli ritardi sulle nuove tecnologie. Leggendario fu lo sfogo dell’ex ministro dell’Economia dell’ultimo governo Merkel, Peter Altmaier, che in una riunione con i big dell’auto sbottò, «ma non riuscite a fare una macchina elettrica sexy? ». Il suo successore, l’attuale vicecancelliere Robert Habeck, ha criticato il management Vw per aver cominciato a produrre macchine elettriche nel comparto più lussuoso, quello delle auto da 100mila euro.
Fino a poco tempo fa, l’azienda esportava 4,3 milioni di automobili in Cina; con il rallentamento dell’economia del Dragone e la propensione sempre più diffusa dei cinesi dicomprarsi macchine elettriche prodotte in patria, il colosso tedesco ha sofferto perdite enormi. Perdite che si aggiungono a quelle registrate dopo il Covid.
Anche ieri il governo Scholz ha reagito male alle rivelazioni di Cavallo – né confermate né smentite dall’azienda, che vuole rivelare dettagli solo dopo averli negoziati con i sindacati. Un portavoce del cancelliere, Wolfgang Buechner, ha accusato apertamente i vertici «per decisioni manageriali sbagliate», e ha aggiunto che «i lavoratori non dovrebbero pagare» per quelle scelte errate. Il governo è in contatto con l’azienda, ha aggiunto. E oggi Scholz si vedrà con alcune aziende e i sindacati per parlare della recessione. Edè probabile che spinga Vw verso soluzioni meno drastiche: l’esecutivo è sull’orlo di una crisi, le voci di un possibile voto anticipato a marzo si fanno sempre più insistenti. E la crisi del marchio-simbolo dell’industria tedesca rischia di diventare il principale argomento della campagna elettorale. Il governo della Bassa Sassonia, peraltro, è un’azionista importante del gruppo. Dopo che Cavallo ha fatto capire che i sindacati sono già sulle barricate, il primo confronto tra azienda e sindacati è previsto per domani. L’argomento ufficiale è l’inizio del negoziato per il rinnovo del contratto. Ma è chiaro che si parlerà di urgenze più drammatiche.