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«Nell’ottobre del 1975, pochi giorni prima della sua morte, nel “Canzoniere Italiano” scopro “E jo canti”, villotta friulana scritta da Pasolini, il brano con cui oggi apro il mio album» La chitarra storica dei CCCP e CSI parla del suo disco “P.P.P. Profezia è Predire il Presente” nato dall’incontro ideale con il Poeta di Casarsa
Difficilmente, in musica e parole, in questo anno pasoliniano, il prossimo 2 novembre saranno 50 anni dalla morte del Poeta di Casarsa, ascolterete qualcosa di così emotivamente intenso e partecipato come P.P.P. che diventa l’acronimo che dà il titolo al concept album: Profezia è Predire il Presente ( Le Vele/Egea Records). Tredici brani, con due canzoni Beati noi e la struggente Lamento per la morte di Pasolini «dell’ineguagliabile Giovanna Marini», dice presentando la sua opera l’altrettanto poetico Massimo Zamboni, chitarra e voce storica dei CCCP Fedeli alla Linea/CSI. Nel giugno 2024, su commissione del Gabinetto Vieusseux di Firenze, Zamboni aveva allestito uno spettacolo in forma di reading concerto dedicato a Pier Paolo Pasolini che ora ha preso la forma del disco. Tredici brani arrangiati, prodotti e suonati da Zamboni con la collaborazione di Cristiano Roversi e Erik Montanari (prossimo appuntamento live: il 26 marzo, sul palcodi Colonne 28, a Parma). Disco unico nel suo genere, frutto di anni di riflessioni e di ripescaggi nella sua memoria di eterno militante, a cominciare dalla copertina: «Quella scultura del Cimitero Monumentale di Staglieno, di per sé evocativa di tanto della poetica che c’è dentro al disco, l’avevo vista la prima volta 35 anni fa nello studio di un amici grafico e quando è riapparsa ho subito pensato: sì, questa sarà la copertina di Profezia è Predire il Presente » . L’artistico Zamboni, parla con tono pacato, come sempre, ma profondamente appassionato e lo fa dal suo rifugio sull’Appennino reggiano. I luoghi delle sue radici, la casa in mezzo al bosco di Carpineti. E da qui partiamo per un viaggio a ritroso a quel fine ottobre 1975 al Palazzetto dello Sport di Rimini, in cui il 17enne Zamboni era tra gli studenti dell’assemblea nazionale della Federazione Giovanile Comunista. Tra un intervento e l’altro dell’allora segretario Massimo D’Alema, il giovane Zamboni – come racconta nel libretto del disco – si aggirava per lo stand della libreria dove venne folgorato da un titolo: Il canzoniere italiano. La poesia dell’altra Italia, i testi poetici popolari delle regioni italiane.
Un doppio volume, edito da Garzanti, in cui, con suo stupore, spuntò fuori una villotta friulana: E jo canti, brano scritto da Pier Paolo Pasolini che apre
Profezia è Predire il Presente
con una bella interpretazione di Carlotta Del Bianco.
Brano
della voce scomoda di Persona non grata per citare il titolo di una sua canzone contenuta nell’album.
«Pasolini non ha avuto avversari, ma solamente nemici, a destra, a sinistra e tra i cattolici. Il suo mettersi sempre a nudo ha dato scandalo. Non ha mai avuto paura di esporsi e la sua fu un’esposizione quasi ingenua, non protetta, con la consapevolezza di andare incontro a un destino tragico. Le postume Lettere luterane sono un canto di morte. “La morte – diceva Pasolini non è nel non potere più comunicare ma nel non potere più escompagnare sere compresi”. Fino alla fine ha provato a farsi comprendere, diventando la vittima sacrificale del suo tempo e di un Paese meraviglioso ma depredato e seppellito vivo, come provo a spiegare con il brano La rabbia e l’hashish. In un testo sulla crocifissione, Pasolini insinua la sua identificazione nella figura del Cristo; questo mi ha ispirato la canzone Cantico Cristiano che si chiude con una frase: “Sconfitta e inconsistente la realtà, sarebbe già un Vangelo la pietà”».
Nella sua ballata il Canto degli sciagurati c’è quel coro a due voci che sembra quasi di ac- Pasolini tra i baraccati delle periferie romane o nei vicoli di Napoli. Ma c’è anche l’invocazione alla “Mamma Madonna”.
«“Mamma Madonna degli sciagurati… Vergine e luce dei diseredati, questo è ciò che sembra, ciò che sembra non è”. Il mio primo viaggio in autostop da ragazzo mi portò fino a Roma dove ho ancora impresso il ricordo di quelle baracche pasoliniane dei Ragazzi di vita popolate da un’umanità degradata. Un popolo cane che per immagini Pasolini fisserà per sempre nella rappresentazione del mondo feroce di Accattone».
Accattone è il film che racconta il mondo degli sconfitti che nel suo P.P.P. narra a sua volta in una francescana, nel titolo, Sorella sconfitta, ma soprattutto con Grandola vila morena di Josè Afonso.
« Sorella sconfitta che mi ha dato il microfono in mano e il coraggio per poterla cantare» [accenna]. Ho conosciuto la canzone di Josè Alfonso quando uscì pubblicamente in Portogallo, il 25 aprile del 1974. Un anno di grande euforia in cui con la caduta del regime di Salazar all’appello dell’Europa liberata dai fascismi mancava solamente la Spagna che di lì a poco si sarebbe finalmente sbarazzata di Franco. Grandola vila morena è la nostra Bella ciao, due inni universali per esorcizzare quei fascismi da cui non ci siamo mai liberati e che adesso parlano per bocca di coloro che ci vorrebbero far credere di vivere nel migliore dei mondi possibili».
Siamo nell’era della grande utopia, come canta in Vorremmo esserci in cui immagina un futuro da costruire insieme, ma che forse non verrà mai.
«In Vorremmo esserci canto: “Da libri allucinati apprendo verità, dagli scritti corsari, sul tempo che verrà”. Un tempo purtroppo già pregiudicato. Da contadino so che occorre seminare vitalità, altrimenti rimarrà solo materia sterile. Per sperare nel raccolto, nel cambiamento e nella pace che auspichiamo, si dovrà passare necessariamente per grandi dolori e per le tante guerre alle quali stiamo assistendo. Popoli che si comportano come i galletti manzoniani: si attaccano per dimostrare di essere l’uno più forte dell’altro e intanto non si rendono conto che stanno andando entrambi incontro al sacrificio. Non saranno le nostre costosissime e potenti armi a distruggere tutto, basterà un semplicissimo sussurro della terra a mandarci all’aria».
Metafora di un mondo che non è mai sparito veramente e dall’incontro con Pasolini ha riaperto tutti i cassetti della memoria e fatto ritrovare tutte le profezie.
«Per molto tempo non ho avuto il coraggio di registrare una canzone come Tu Muori, la più terribile di tutte quelle del disco; solo l’incontro con Pasolini mi ha permesso di farlo innalzando quel senso di morte vissuta attimo per attimo. Non sappiamo parlare del presente, non ne abbiamo piena cognizione, abbiamo solo barlumi e ombre di coscienza, per questo ci colpisce la sua incredibile lucidità di pensiero. Pasolini negli anni ‘50 aveva visto già nel consumismo, che all’epoca era una inezia rispetto a quello odierno, la nuova inestirpabile dittatura. In un film come Uccellacci uccellini preconizza la deriva della speculazione edilizia mostrandoci i palazzoni che sbocciano sul fondale di una terra polverosa. Il suo carisma profetico l’ho ritrovato anche in una fotografia ai tempi del ginnasio a Reggio Emilia in cui i suoi compagni di scuola nel retro della foto gli scrissero questa dedica: “Hai due demoni in te, attento al terzo”. Quale fosse il “terzo” non lo sapremo mai. Come non conosceremo mai i nomi dei suoi assassini e i colpevoli di tutte le stragi che hanno insanguinato questo Paese. Una verità negata che è la vera grande sconfitta del potere e di tutti quelli ancora convinti che “il potere logora chi non ce l’ha”›. È vero il contrario: il Potere logora chi ce l’ha».