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La presidente del Consiglio garantisce appoggio «incrollabile», ma sulle armi non cambia linea. Mosca provoca: dall’Ucraina nessun segnale per un armistizio. La replica: «Il cessate il fuoco non è sul tavolo»
Roma
La missione lampo di Volodymyr Zelensky per assicurarsi il sostegno dei big europei al suo «piano per la vittoria » arriva anche a Roma. L’aereo del presidente ucraino atterra all’aeroporto di Fiumicino poco dopo le 20:15. Giorgia Meloni gli promette il «sostegno incrollabile » dell’Italia e lo riceve a cena a Villa Pamphili. È la terza dei grandi leader a incontrarlo, dopo il trilaterale di Londra con Keir Starmer e il nuovo capo della Nato Mark Rutte e la visita all’Eliseo da Emmanuel Macron. Ad accoglierlo il picchetto di onore dei lancieri di Montebello e la Banda dei Carabinieri che suona l’inno del suo Paese e poi quello di Mameli. La posa con stretta di mano è l’ultima concessione a favore dei cronisti nell’area stampa, prima dell’ingresso dei due leader nel Casino del Bel Respiro.
Zelensky si fa precedere da affermazioni pesanti, su tutte quella rilasciata a Parigi: «Il cessate il fuoco non è un argomento sul tavolo in questi giorni» (vedi articolo in basso). Una risposta diretta a Mosca, che poco prima aveva fatto sapere di non aver ricevuto «nessun segnale» per un armistizio. Il leader ucraino spinge «sull’integrazione euroatlantica » e il «rafforzamento militare» del suo Paese. Sono questi, come ha spiegato dal Regno Unito, i passi che creeranno le migliori condizioni per ripristinare «una pace giusta». Da parte sua, Meloni sa bene di rappresentare uno dei Paesi meno inclini
a concedere flessibilità militare a Kiev. Il voto italiano a Bruxelles per l’uso delle armi occidentali sul suolo russo lo dimostra. Ma non c’è solo questo. A Zelensky non sfugge che la simpatia per la causa ucraina in Italia è in calo. E anche tra gli alleati di governo i sentimenti sono ambivalenti. Il malcelato filoputinismo di frange del partito di Matteo Salvini è noto, così come la storia recente del vicepremier leghista, ma persino il moderato Antonio Tajani è stato perentorio nell’affermare che «non siamo in guerra con la Russia». Ciò detto l’Italia ha già approvato l’invio di otto pacchetti di armamenti per Kiev e continuerà a fornire i Samp-T richiesti da Zelensky. Il sistema di difesa antiaerea di cui l’esercito ucraino ha un disperato bisogno e che, tutto sommato, consente al governo italiano di continuare a parlare di aiuto militare «difensivo », placando i malumori interni alla maggioranza. Fino a quando, però, non è possibile dirlo. Questo perché la posizione della Nato è chiara e le parole di ieri mattina di Rutte non lasciano troppo spazio all’immaginazione: «In un mondo insicuro, dobbiamo testare la nostra difesa e la nostra forza, così che i nostri avversari sappiano che la Nato è pronta e capace di rispondere a ogni minaccia. Non si tratta solo dell’Ucraina ma anche di difendere l’Occidente e il modello di sicurezza rappresentato dalla Nato di fronte a Mosca ». Anche Starmer ha fatto sapere di condividere il piano per la vittoria di Kiev. Benché il suo staff abbia precisato in serata che Londra non ha revocato il divieto di utilizzo delle sue armi in territorio russo, l’inquilino di Downing street ha salutato Zelensky con un caloroso abbraccio e ha ribadito a più riprese l’importanza di «continuare a mostrare l’impegno di sostenere l’Ucraina». Il messaggio è chiaro, quanto la premier sia disposta a recepirlo si potrà capirlo solo più avanti. Nel frattempo il viaggio di Zelensky continua e oggi vedrà papa Francesco prima di volare a Berlino per incontrare il cancelliere Scholz.