
IL CASO DAVID ROSSI: LE NUOVE VALUTAZIONI TECNICHE DEL RIS ALL’ESAME DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE
9 Dicembre 2025
La giornata politica europea e globale si apre ancora una volta sull’Ucraina, dove il presidente Volodymyr Zelenskyj ha dichiarato di essere “pronto per le elezioni”, una risposta diretta alle affermazioni di Donald Trump che, in un’intervista al Guardian, ha messo in discussione la qualità democratica del Paese in guerra. Le pressioni statunitensi e le ambiguità della nuova amministrazione a Washington stanno ridisegnando il campo diplomatico: lo conferma anche Deutsche Welle, che anticipa l’invio alla Casa Bianca di una versione aggiornata del piano di pace ucraino, segno che Kyiv tenta di collocarsi in una posizione propositiva mentre gli alleati si interrogano sulla tenuta del fronte comune.
Al centro del dibattito resta l’intervista di Trump a Politico, rilanciata su vasta scala da media europei e statunitensi. Le sue parole rivelano una frustrazione crescente nei confronti tanto dell’Ucraina quanto dell’Europa, accusate implicitamente di dipendere eccessivamente dagli Stati Uniti. Una linea che riaccende tensioni transatlantiche, mentre da Bruxelles DW chiarisce che l’Unione Europea “non permetterà a Donald Trump di interferire negli affari europei”, segnando un inedito irrigidimento istituzionale. L’UE appare determinata a non farsi dettare la linea strategica, soprattutto in un momento in cui la guerra in Ucraina e la competizione globale richiedono autonomia e coesione.
Sul fronte militare, l’analisi del New York Times sul futuro della guerra introduce scenari inquietanti: armi biologiche mirate, droni capaci di colpire autonomamente, sistemi bellici che ridisegnano la distanza tra decisione politica e capacità distruttiva. Il tema non è astratto: riguarda il modo in cui le democrazie occidentali immaginano la propria sicurezza. Non a caso, un altro editoriale dello stesso quotidiano ricorda che “anche l’Europa merita di essere difesa”, un invito implicito a non delegare più a Washington la responsabilità della sicurezza del continente.
Dall’altra parte del mondo, l’Australia affronta una questione completamente diversa ma altrettanto rivelatrice della trasformazione sociale in atto: il divieto per i minori di accedere ai social media. Il primo ministro Anthony Albanese ha presentato la legge come un successo pionieristico, ma il Sydney Morning Herald mostra una realtà più complessa. Molti adolescenti hanno affollato i suoi profili social rivendicando con ironia di aver aggirato facilmente il divieto: “Non ha funzionato fratello, sono ancora qui”, scrivono in massa, segnalando un divario evidente tra regolazione e pratiche digitali reali. La BBC offre uno sguardo più ampio, raccontando i tentativi delle famiglie e delle scuole di adattarsi a una quotidianità dove improvvisamente i social scompaiono, almeno sulla carta, mentre i ragazzi sperimentano nuove forme di socialità — spesso ancora mediate dal digitale, seppure in modo meno controllabile.
In Francia, intanto, l’Assemblea nazionale ha approvato il bilancio della previdenza sociale dopo settimane di incertezza. Come spiega Le Monde, si tratta di un passaggio politico importante per il ministro Sébastien Lecornu, che ha puntato su un equilibrio complesso tra sostenibilità finanziaria e consenso parlamentare. L’esito positivo della votazione mette fine a un periodo di tensione ma non elimina le domande più profonde sul modello di welfare francese, oggi sotto pressione per ragioni demografiche, economiche e sociali.
Queste notizie, apparentemente lontane tra loro, compongono un quadro comune: istituzioni chiamate a difendere la propria legittimità, governi che cercano spazi di autonomia strategica, società sempre più veloci nel superare limiti e regolazioni, e una tecnologia bellica e civile che avanza più rapidamente della capacità politica di governarla. Un inizio giornata che mette in luce tutte le faglie — e anche le possibilità — del mondo che cambia.





