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Israele e Gaza incombono. Il filosofo: «Orgoglioso di essere qui ma mi vergogno»
di Cristina Taglietti
FRANCOFORTE E alla fine arriva il filosofo sloveno Slavoj Žižek a infiammare, nella serata inaugurale, la Buchmesse, che oggi si apre ufficialmente a Francoforte. Che questa settantacinquesima edizione fosse fortemente politica lo si era capito nei giorni scorsi con la polemica scoppiata per la decisione di rimandare in un secondo momento, e fuori dalla Fiera, il LiBeraturpreis alla scrittrice palestinese Adania Shibli, autrice del romanzo Un dettaglio minore (La nave di Teseo) in cui racconta la violenza su una donna araba da parte di soldati israeliani nel 1949. Ed è anche a questa circostanza che il filosofo, chiamato a tenere lo speech in rappresentanza del suo Paese, la Slovenia, ospite d’onore di quest’anno, fa riferimento alla fine di un appassionato e provocatorio discorso che ha suscitato contestazioni e applausi. Fino a quel momento le parole dei partecipanti alla cerimonia, della ministra della cultura tedesca Claudia Roth, del sindaco di Francoforte Mike Joseph, del direttore della Fiera Jürgen Boos e della presidente degli editori e dei librai tedeschi Karin Schmidt-Friderichs avevano tenuto al centro la ferma condanna dell’attacco terroristico di Hamas e la solidarietà a Israele, mentre solo la presidente della Slovenia Nataša Pirc Musar aveva sottolineato anche ciò che accade ai civili della Striscia di Gaza. «Il terrorismo contro Israele contraddice tutti i valori della Buchmesse, certo — ha concluso il suo discorso Žižek — ma lo stesso fa la punizione collettiva di milioni di persone a Gaza, così come la decisione scandalosa di cancellare Adania Shibli. Per questo non sono soltanto orgoglioso di essere qui, ma un po’ mi vergogno». Žižek aveva iniziato dicendo di condannare «senza se e senza ma» l’attacco di Hamas agli israeliani: «Riconosco a Israele il diritto di difendersi e di distruggere la minaccia — ha continuato —. Tuttavia noto una cosa strana: nel momento in cui si menziona la necessità di analizzare il contesto della situazione si viene accusati di sostenere o giustificare il terrorismo di Hamas». Žižek ha fatto l’analisi del contesto, delle radici storiche del conflitto, ma anche qualche studiata provocazione, come quando ha citato Ismail Haniyeh, il leader di Hamas «che ovviamente vive comodamente a Dubai e il giorno dell’attacco ha detto: “Andate via dalla nostra terra. Fuori dalla nostra vista. Questa terra è nostra. Non c’è posto né sicurezza per voi”. Una citazione, chiara e disgustosa. Ma il governo israeliano non ha detto qualcosa di simile? Anche se, naturalmente, in modo molto più civile, è il primo dei principi fondamentali ufficiali dell’attuale governo di Israele. Netanyahu ha detto: Israele non è uno Stato di tutti i suoi cittadini, ma del popolo ebraico e solo di esso». Una dichiarazione che, insieme ad altri passi del discorso, come l’affermazione che «la destra europea ama sostenere Israele considerato che già il nazista Reinhard Heydrich aveva approvato uno Stato ebraico in Medio Oriente», ha suscitato contestazioni dalla platea. Qualcuno ha lasciato la sala, qualcuno lo ha accusato di fare del relativismo. Uwe Becker, commissario per l’antisemitismo dell’Assia, della Cdu, si è portato sotto il palco gridando «Vergogna» e invitando le istituzioni della Fiera a intervenire, mentre altri hanno applaudito, soprattutto alla fine, quando Zizek ha ribadito la condanna al terrorismo di Hamas e la solidarietà ai palestinesi.
Che la politica avrebbe dominato il dibattito si era capito già in mattinata, alla conferenza stampa. «Il mondo si sta disfacendo», ha detto Jürgen Boos commentando le crisi simultanee che assediano il presente: «Se guardiamo indietro ai nostri 75 anni, sembra che la società sia cambiata poco, ma oggi il mondo è fuori controllo. Abbiamo la crisi del cambiamento climatico e la crisi delle democrazie occidentali. Abbiamo vissuto la guerra di aggressione di Putin contro l’Ucraina per più di un anno e mezzo e dal 7 ottobre abbiamo assistito a un nuovo, terribile picco nell’escalation di violenza».
Sulla decisione di non attribuire il premio a Adania Shibli, come inizialmente era previsto, Boos non ha però fatto passi indietro. Lo ha detto anche a margine della conferenza stampa: «Non penso che sia stata una decisione sbagliata perché questo è l’unico premio al mondo attribuito a scrittrici africane, latinoamericane, asiatiche. È molto rispettato e importante, ma alcuni lo hanno strumentalizzato ed è stato subito chiaro che non saremmo stati qui per sentire la voce della scrittrice, ma deformazioni politiche, litigi, manipolazioni».
Boos non teme i boicottaggi, le defezioni degli editori soprattutto arabi e musulmani, alcuni dei quali già lo hanno annunciato, come l’Arab Publishers Association, l’Emirates Publishers Association, la Sharjah Book Authority, a cui si è aggiunto il ministero dell’Istruzione malese. «Li inviteremo per l’anno prossimo. Nel 2015, quando venne Salman Rushdie, che quest’anno ha vinto il premio per la Pace, gli iraniani non c’erano, l’anno scorso non sono venuti i russi. Fa parte della libertà degli editori e la libertà di parola è nel Dna della Fiera».