Tel Aviv
Nessun accordo per liberare gli ostaggi israeliani senza il ritiro delle truppe di Tsahal da Gaza. Hamas tiene il punto e tira il freno a mano dei colloqui, forte del sostegno, secondo fonti citate dal quotidiano Haaretz, della leadership dei palestinesi detenuti in Israele. La loro libertà dipende dallo scambio con i prigionieri a Gaza. I jihadisti fanno leva sul dolore e la rabbia delle famiglie israeliane dei rapiti e dei militari al fronte e lanciano lo slogan «Abbiamo cercato di mantenerli in vita ma Netanyahu ha insistito per ucciderli».
La frase si riferisce ai soldati caduti sul campo di battaglia – 137 dall’inizio dell’operazione di terra – e agli ostaggi tornati cadaveri in Israele. La formula è comparsa come didascalia in una serie di video diffusi sul canale Telegram della fazione islamista. In alcuni si vede l’eliminazione di militari israeliani. In un altro filmato il gruppo scarica sul premier israeliano la responsabilità della morte dei tre ragazzi di cui l’esercito, la settimana scorsa, aveva recuperato i cadaveri. Sono Elia Toledano, il 28enne catturato al Nova festival, e i soldati 19enni Nik Beizer e Ron Sherman che il 7 ottobre erano all’interno della base Cogat al valico di Erez. I media israeliani, come d’abitudine, hanno riportato la notizia ma per delicatezza nei confronti delle famiglie delle vittime, e per non lasciare spazio alla “propaganda” e al “terrorismo psicologico” di Hamas, non hanno diffuso il video. Nelle immagini si vedono i tre prigionieri in uno spazio angusto, forse uno dei nascondigli sotterranei recentemente bonificati dall’esercito, che scrivono su fogli bianchi ciascuno il proprio nome e il numero di teudat zehut, il documento d’identità. Poi, uno dopo l’altro, sono inquadrati con il foglio in mano, a favore di telecamera, e costretti a sorridere.
Netanyahu non cede a ricatti e non intende lasciare altra scelta al nemico se non «arrendersi o morire». «Non fermeremo la guerra finché non avremo raggiunto tutti gli obiettivi: completare l’eliminazione di Hamas e liberare tutti i nostri ostaggi», ribadisce in un video postato su X. «E dopo aver eliminato Hamas, userò tutto il mio potere per garantire che Gaza non minacci mai più Israele, né Hamastan né Fatahstan», completa il premier, ripetendo il suo recente slogan.
La formula dell’accordo di fine novembre pare da rottamare. Un mese dopo, le parti sono su posizioni diverse da allora e molto più distanti tra loro. I mediatori dovranno trovare con creatività una soluzione che accorci la distanza siderale tra Hamas e Israele. A siglare l’attuale fallimento dei colloqui sono stati i lanci di razzi da Gaza, ripresi dopo 40 ore di relativa calma, sia verso le aree israeliane a ridosso della Striscia sia sulla città di Tel Aviv e nei dintorni, dove è piovuta una raffica di 30 missili. Anche il voto sulla risoluzione Onu per Gaza pare andare incontro a un terzo rinvio di fila.
«Hamas non può restare, non importa in quale forma», ha detto un funzionario israeliano in un briefing per la stampa. E ha anticipato che ci saranno ancora «operazioni ad altissima intensità» in aree dove l’esercito non è finora riuscito ad arrivare. Ieri i militari israeliani hanno messo piede per la prima volta a Tuffah, quartiere di Gaza City lungo la Salah Al Deen, tra Jabaliya e Shejaiya. Dopo aver setacciato, documentato e mostrato al mondo la rete di tunnel di Hamas nascosta sotto Piazza della Palestina nel quartiere Rima della City, le unità di ingegneria da combattimento d’élite Yahalom e la 401a Brigata Corazzata hanno proceduto alla sua demolizione controllata con l’impiego di cariche esplosive.
Nei luoghi messi in sicurezza invece – l’ultimo è Shujaia, nel nord est della City – si inizierà a passare alla fase di minore intensità sollecitata dagli alleati Usa. Per la prima volta a Gaza, oltre alle altre unità, sono state schierate le truppe d’élite LOTAR che hanno il compito di formare i migliori soldati.
Intanto Tsahal ha ampliato le attività a sud di Gaza City e nel centro della Striscia e ha compiuto nuovi attacchi a Khan Yunis, dopo aver ordinato l’evacuazione di una vasta area – secondo le Nazioni Unite pari al 20% della superficie della città, dove sono rifugiati molti palestinesi sfollati a causa del conflitto, «circa 141mila persone in 32 campi profughi». La sicurezza egiziana e la Mezzaluna rossa hanno accusato Israele di aver colpito intenzionalmente il lato egiziano del valico di Kerem Shalom, da cui, da qualche giorno, avevano iniziato a transitare gli aiuti umanitari per la Striscia, per irrobustire le forniture che prima passavano solo via Rafah. Le procedure di ispezione sarebbero quindi al momento interrotte e ci sarebbero quattro vittime tra i lavoratori del terminal. Che si sommano al bilancio di 20mila morti palestinesi nella Striscia.