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3 Settembre 2022di Fabrizio Goria
«Sta arrivando una recessione che potrebbe durare anni». Nouriel Roubini, economista della New York University che ha previsto la crisi subprime, ha pochi dubbi su cosa attende l’economia globale. Parlando dal forum The European House-Ambrosetti di Cernobbio, Roubini punta il dito sull’inazione di banche centrali e governi. E mette in guardia le cancellerie, Italia compresa.
Professore, quanto è pericolosa la situazione di oggi, tra fiammate dei prezzi e crescita in declino, rispetto alla crisi finanziaria globale?
«Assolutamente molto più alto. Il problema della stagflazione, o peggio della recessione, è concreto. Sarà un periodo lungo, brutto, brutale, non sarà breve e superficiale, sarà associato a difficoltà finanziarie. Le famiglie faranno fatica, le imprese avranno problemi di zombificazione. Il tutto mentre i governi non potranno agire con la leva fiscale come dovrebbero fare, perché i margini per farlo sono bassi. La mia sensazione è che ci sarà una brutta recessione».
Le banche centrali hanno perso tempo nel frenare le pressioni dei prezzi?
«Il dibattito sul fatto se l’inflazione fosse temporanea o più persistente è stato l’ultimo serio. Penso che la questione fosse già risolta nel dicembre dello scorso anno, quando l’aumento dell’inflazione sia negli Stati Uniti, in Europa, nell’area euro, nel Regno Unito e nella maggior parte dei Paesi avanzati, ad eccezione del Giappone, ha mostrato un aumento dell’inflazione molto, molto acuto e persistente. Quindi penso che sia fuori discussione. Anche le banche centrali erano convinte che fosse transitoria, e sbagliavano».
Solo questo?
«No, poi c’è stato un dibattito sull’assunzione che l’inflazione sia stata causata dalla sfortuna o dalle cattive politiche economiche, fiscali e monetarie. Proprio mentre si verificavano choc negativi sul lato dell’offerta. Il Covid, lo stop delle filiere produttive, i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento globali, la riduzione dell’offerta di manodopera negli Usa. E poi la guerra in Ucraina, l’impatto delle fiammate dei prezzi dell’energia, delle commodity agricole, dei fertilizzanti, e infine la politica “Zero Covid” della Cina. Tutti fattori negativi, che hanno fatto pressione sui prezzi».
Federal Reserve e Bce come possono agire?
«Devono stringere i cordoni della borsa, anche se poi c’è il rischio di indurre una recessione. Tanto nel Regno Unito quanto nell’eurozona, e forse anche negli Stati Uniti, anche se le probabilità sono leggermente inferiori. Siamo decisamente nel campo di un hard landing (atterraggio duro, ndr). E l’Europa è più soggetta a shock negativi dell’offerta, come sappiamo. L’esposizione alla Russia, persino esposizione alla Cina, così come il rallentamento dell’economia globale e i problemi politici in Europa ovviamente aumentano il rischio di frammentazione».
Quindi?
«Quindi penso che le cose stiano diventando via via più difficili. Mi aspetto che quello statunitense sia un atterraggio duro. Idem per l’Eurozona. Stesso dicasi per il Regno Unito. Ma mi attendo un dibattito scarno e superficiale su ciò che sta succedendo».
In che senso?
«Ora sempre più persone, persino le banche centrali, dicono che forse il nostro approdo sarà la recessione. Certo, cercheremo di evitarlo, ma sarà il nostro approdo. Lo possiamo chiamare metafore ed eufemismi, ma ci sarà per forza un po’ di sofferenza, tensioni sociali, crisi insomma. Ci saranno trimestri negativi. E, attenzione: se hai sei mesi di recessione, questi “esperti” credono che l’inflazione cadrà come un sasso, per poi tornare al 2% e ritracciare gli squilibri finanziari. Non mi piace quella storia».
Come mai?
«Primo, perché abbiamo affrontato una crisi finanziaria, quella del 2008, che ha visto esplodere il debito, pubblico e privato, portandolo oltre il 200% del Pil. Secondo, dopo altri due shock negativi, fra cui quello del Covid, stiamo utilizzando la politica monetaria in modo aggressivo nonostante l’elevato debito perché la domanda è stata scossa e c’è stata una deflazione, e quindi in buona fede abbiamo voluto tassi zero, tassi negativi, allentamento quantitativo, allentamento del credito. Questa volta, invece, dobbiamo aumentare i tassi perché l’inflazione è al di sopra dell’obiettivo. Questa è un’enorme differenza».
Siamo peggio rispetto agli Anni Settanta?
«Oggi abbiamo il peggio degli anni ’70 perché abbiamo un numero elevato di shock negativi dell’offerta e il peggio del mondo post crisi finanziaria globale perché abbiamo troppo debito, troppi squilibri».
L’Italia va al voto in un contesto poco favorevole.
«Sì, perché dipenderà da chi sarà al potere e quale sarà la politica economica, monetaria, fiscale. Le debolezze dell’Italia sono conosciute da tempo. Ed è una delle ragioni per cui gli spread si stanno allargando. È un circolo vizioso a cui si aggiunge la recessione. Senza dimenticare le tensioni sociali. E questo ritengo sia un rischio elevato. Non dico che accadrà, ma l’Italia deve stare attenta. Sta giocando con il fuoco».