ROMA — Il blitz della destra al Teatro di Roma segue un copione che, da un anno in qua, si ripete sempre uguale. Espugnare, con le buone o con le cattive, tutti i luoghi della cultura nazionale per imporre — attraverso la produzione di film, spettacoli e mostre — il pensiero unico sovranista. I posti chiave bonificati da ogni infiltrazione, affidati a un manipolo di fedeli col chiaro intento di affermare un’egemonia di segno opposto a quella che per decenni avrebbe orientato l’opinione degli italiani. Anche a costo di forzare regole e procedure. Di cacciare i meritevoli. Azzerando il pluralismo che è il concime della cultura.
La scorribanda dell’altro ieri nel Cda che gestisce tre fra i più importanti stabili capitolini, era già andato in scena nel marzo scorso all’Arena di Verona. Anche lì un sindaco di centrosinistra, Damiano Tommasi, presidente dell’anfiteatro scaligero, avrebbe voluto cambiare. Scegliendo, attraverso un bando pubblico, il nuovo sovrintendente, ruolo ricoperto per un lustro dalla cantante lirica Cecilia Gasdia, indicata a suo tempo dalla precedente amministrazione di centrodestra. Ma, come è poi accaduto al collega Gualtieri, la sua proposta è stata bocciata: i soci della fondazione hanno confermato la soprano uscente grazie all’appoggio del ministero della Cultura e della Regione Veneto, in accordo con i partner privati.
A luglio, a Palermo, non c’è stato neppure bisogno di spaccare il Cda: al Politeama, il governatore Renato Schifani ha chiesto e ottenuto la nomina a sovrintendente di Andrea Peria, che è sì un manager dello spettacolo, ma senza esperienza nella musica sinfonica. Farà da passepartout l’amicizia e il link politico con l’ex presidente berlusconiano del Senato. E che dire del Piccolo di Milano, dove l’ineffabile ministro della Cultura ha voluto in Consiglio Geronimo La Russa, figlio di Ignazio, seconda carica dello Stato e co-fondatore di FdI? Una designazione che ha fatto drizzare i capelli a molti: il Piccolo è uno dei più prestigiosi teatri di prosa del Paese, il primo stabile d’Italia, nato nella Milano della Resistenza, in quelle sale furono imprigionati e torturati i “disertori” della Rsi. Far entrare nella gestione il rampollo di chi conserva a casa i busti del Duce ha il sapore dello sfregio.
Ma questa è. Un’occupazione sistematica delle istituzioni culturali, che sta conoscendo molteplici repliche in giro per l’Italia. E ora punta al bersaglio grosso. La Scala. Lì il sovrintendente è Dominique Meyer, il cui mandato termina nel 2025 e potrebbe non essere rinnovato — come piacerebbe al sindaco Beppe Sala — a causa della norma Sangiuliano che fissa a 70 anni il pensionamento dei vertici dei teatri lirici. E siccome per Statuto bisogna indicare il successore un anno prima della scadenza, i grandi giochi sono già cominciati. Si racconta infatti che la destra stia spingendo per Fortunato Ortombina, direttore artistico e sovrintendente della Fenice di Venezia, dove l’anno scorso ha diretto alcune opere Alvise Casellati, figlio della ministra delle Riforme, la quale starebbe facendo fuoco e fiamme pur di vedere l’erede brandire la bacchetta nel tempio della lirica tricolore.
E a proposito di bacchette, ce n’è una che è ormai candidata a tutto: Beatrice Venezi, meloniana dichiarata e consigliera al Collegio Romano, è in pole per dirigere la Biennale Musica, oppure il San Carlo di Napoli o anche il Massimo di Palermo. Ha solo l’imbarazzo della scelta. Se optasse per la prima soluzione, lavorerebbe fianco a fianco con uno degli intellettuali di destra più in voga del momento: Pietrangelo Buttafuoco,scelto a ottobre come presidente della Fondazione veneziana che organizza, fra l’altro, l’Esposizione internazionale d’arte, la Mostra di architettura e il Festival del cinema. Settore, quest’ultimo, dove i sovranisti stanno facendo man bassa: per sfrattare l’intero Cda del Centro sperimentale sono intervenuti per legge a Ferragosto. E adesso nel mirino è finita Piera Detassis, direttrice dei David di Donatello, da sostituire conTiziana Rocca, moglie del cattolicissimo regista Giulio Base. La sua colpa? Aver proposto Geppi Cucciari come co-conduttrice della serata in cui si assegnano i premi: la comica che allo Strega fece fare una figuraccia al ministro della Cultura.
Una passione insanabile, quella per editorialisti e critici chiaramente orientati: viene da Libero Alessandro Giuli, presidente del Maxxi, il museo romano delle arti contemporanee. È stato caporedattore al Tg2 il nuovo capo del Centro per il libro. Ha collaborato con Foglio e Giornale Alberto Crespi, ora alla guida della Pinacoteca di Brera. Mentre alla guida dell’altro museo di prima fascia giunto a scadenza, Capodimonte, è stato incaricato Eike Schmidt: premiato dopo aver offerto la disponibilità a candidarsi per il centrodestra a sindaco di Firenze.
D’altra parte c’è da costruire «un nuovo immaginario italiano», Sangiuliano dixit, e non sono ammesse dissidenze. Figurarsi un pensiero autonomo.